Gli ex vertici di Intesa Sanpaolo e Banca Caboto (oggi Banca Imi) sono accusati dalla Procura pugliese di aver indotto i dipendenti a far sottoscrivere contratti dannosi per il cliente e favorevoli solo per l'istituto di credito. Citato anche l'attuale amministratore delegato di Cassa depositi e prestiti
Per due episodi di concorso in truffa pluriaggravata e continuata la procura di Trani ha citato in giudizio gli ex vertici di Banca Intesa e Banca Caboto, ora Banca Imi, parte del gruppo Intesa Sanpaolo. Ai quindici imputati è contestata la negoziazione di prodotti derivati di tipo swap ritenuti “truffaldini“, ovvero dannosi per il cliente e favorevoli solo per la banca. Tra gli imputati Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Banca Intesa SanPaolo ed ex presidente del cda, e Corrado Passera, ex ministro per lo Sviluppo economico e amministratore delegato dell’istituto fino al 2011. Nella lista delle 15 persone citate in giudizio figura anche Giovanni Gorno Tempini, ex amministratore delegato di Banca Caboto e oggi amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti.
Gli ex vertici dei due istituti di credito sono accusati di aver seguito, tra ottobre 2004 e settembre 2011, lo stesso “disegno criminoso“, che consisteva nell’avvantaggiare la banca e “farle conseguire, in violazione dei principi normativi della buona fede contrattuale e di quelli regolari della condotta degli intermediari finanziari, un crescente profitto in danno della clientela più inesperta”. Inoltre, secondo il pm Michele Ruggiero, i due imprenditori parti offese del reato di truffa sono stati descritti nei contratti come “operatore qualificato”, pur “senza avere ricevuto alcuna informazione sul tipo di derivati, sulla nozione di ‘operatore qualificato’ e sulle conseguenze scaturenti dalla sottoscrizione di quella dichiarazione”. La citazione in giudizio riguarda anche Enrico Salza, ex presidente del consiglio di gestione di Intesa, Giampio Bracchi, ex vicepresidente e componente del comitato esecutivo di Banca Intesa, e Andrea Munari, ex ad di Banca Caboto. Le contestazioni agli ex vertici delle banche fanno riferimento al comportamento da loro tenuto nel “predeterminare le condizioni per la negoziazione di contratti derivati di natura truffaldina” nella filiale di Barletta.
Secondo gli inquirenti i derivati furono fatti sottoscrivere da dipendenti di quella filiale al legale rappresentante della società Vingi Shoes snc. I prodotti – secondo quanto la banca assicurò al cliente – avrebbero dovuto coprire l’impresa dal rischio di variazione del tasso di interesse (relativo a finanziamenti ottenuti in precedenza) ma in realtà – secondo l’accusa – “erano strumentalmente inefficaci ed inadeguati per la loro peculiare natura speculativa (cioè di vere e proprie scommesse sui tassi), sempre sbilanciata in favore della banca”. Stando all’accusa, dalla sottoscrizione dei derivati l’azienda subì, con una transazione firmata nel 2011, un danno patrimoniale quantificato in oltre 154mila euro. L’altra contestazione di truffa (per reati che si prescriveranno nel 2015) fa riferimento alla sottoscrizione di titoli derivati swap da parte del legale rappresentante della pugliese Euroalluminio, Ruggiero Di Vece, che sarebbero dovuti servire a coprire l’impresa dall’oscillazione dei tassi di interesse per un mutuo quindicennale da 700mila euro sottoscritto nel 2004. In questo caso il danno patrimoniale che la banca avrebbe provocato all’imprenditore è stimato in circa 106mila euro. A tre dipendenti della filiale di Barletta di Banca Intesa viene infine contestato il reato di abusivismo finanziario.