Calcio

Londra, a fuoco il negozio che non vuole cedere al nuovo stadio del Tottenham

In fiamme la storica ferramenta che ha rimandato al mittente ogni proposta di acquisto da parte della società di calcio (bloccando di fatto l'iter del nuovo impianto): Scotland Yard non esclude l'origine dolosa

Il fuoco nella notte tra lunedì e martedì ha divorato un edificio di Tottenham. Non si tratta di un nuovo inizio dei riots che nell’estate del 2011 incendiarono il quartiere. Ora è bruciato un solo negozio: l’Archway Sheet Metal Works Ltd. Una volta noto per fornire attrezzi e strumenti a bar e ristoranti del quartiere, oggi il negozio è ancora più famoso perché è l’unico edificio ancora in piedi nell’immenso cantiere dove la squadra di calcio del Tottenham Hotspur sta costruendo il nuovo stadio. L’unico edificio i cui proprietari hanno rifiutato la proposta d’acquisto del club, intraprendendo una battaglia legale per restare al loro posto e bloccando i lavori di costruzione del nuovo impianto: 400 milioni di sterline già investite. Le indagini sono appena cominciate, ma dopo mesi di minacce e ingiunzioni nei confronti dei gestori del locale, il sospetto degli inquirenti è che l’incendio sia doloso.

“Negli ultimi mesi abbiamo ricevuto molte telefonate minatorie, oltre a minacce di far saltare il negozio con una bomba e altre cose del genere – racconta oggi Josif Josif, il manager del negozio – Ma non sappiamo ancora se l’incendio dell’altra notte abbia qualcosa a che fare con queste minacce”. Mentre un membro della famiglia, che da generazioni possiede quel negozio di ferramenta e prodotti per la ristorazione e che è un’istituzione del quartiere, dice: “Le minacce ultimamente si erano fatte quotidiane, siamo devastati da quanto è successo. Ci sono tutti i presupposti che l’incendio sia doloso, ma andremo avanti. Oltre a noi della famiglia, il negozio dà lavoro ad altre trenta persone”. Scotland Yard, in una conferenza stampa sull’accaduto, ha invece comunicato: “Stiamo indagando per capire se il fuoco è stato appiccato deliberatamente. Le indagini sono ancora allo stato iniziale”.

Dopo avere perso nel 2011 l’assegnazione dello Stadio Olimpico, andato tra mille problemi alla vicina squadra del West Ham, il Tottenham ha deciso di costruire da sé il nuovo stadio a fianco del vecchio e storico White Hart Lane. Un investimento da 400 milioni di sterline, a salire, per un impianto che dovrebbe aumentare la capienza da 36mila a 56mila tifosi e contenere tutte le appendici dei nuovi stadi: dalle tribune/box di lusso ai negozi e così via. La società amministrata da Daniel Levy aveva ottenuto dal council locale (il consiglio di zona, che a Londra ha potere decisionale sui piani regolatori) il diritto di esproprio forzato dell’intera area dove doveva sorgere il nuovo stadio, ma l’Archway Sheet Metal Works Ltd ha rifiutato ogni accordo, anche in sede privata, e ha ottenuto il permesso di appellarsi all’Alta Corte contro l’esproprio. Per questo il Tottenham aveva già dovuto comunicare ufficialmente che il nuovo stadio non sarebbe stato pronto per la stagione 2017-18 come inizialmente previsto.

Da dopo le Olimpiadi di Londra 2012, quando sono cominciati i lavori, lo stato del cantiere è impressionante: sabbia, macerie e detriti ovunque per un raggio di chilometri e su un lato, con una strada per arrivarci, unico si erige l’Archway Sheet Metal Works Ltd. Un simbolo di resistenza alla costruzione del nuovo impianto, un pugno nell’occhio per chi invece su quell’area ha investito. E così martedì mattina, poco prima delle cinque, l’edificio ha misteriosamente preso fuoco. E’ bruciato tutto il piano superiore e buona parte del piano terra, con danni ancora da calcolare, fino a che verso le sette di mattina i pompieri non sono riusciti a spegnere l’incendio. Un tifoso degli Spurs ha scherzato sul forum della squadra: “Non mi ha sorpreso vedere quelle fiamme divampare dietro lo stadio, è tutta la stagione che il Tottenham in casa getta via punti”. Ma la situazione è ben più seria, come ha confermato Scotland Yard all’annuncio dell’apertura dell’indagine.

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