Chiusa la principale istruttoria dell’inchiesta con 43 richieste di rinvio a giudizio, tra cui una destinata all'ex marito di Ana Mato. Lei: "Non sono incriminata, né il giudice mi attribuisce responsabilità penali – ha - ma ho deciso di dimettermi perché non voglio che la mia presenza possa essere utilizzata per danneggiare il governo”
Corruzione. La parola balza di bocca in bocca alla Camera di Madrid. Poche ore fa il ministro della Sanità Ana Mato ha rassegnato le sue dimissioni. La causa? Una lista di soldi e regali come viaggi, feste, spese per la comunione della figlia, articoli di Louis Vitton, legati al caso Gürtel. Stamattina, come da copione, il premier Mariano Rajoy è andato in Aula per esporre le sue misure anti-corruzione. Toni nervosi alla Camera, dibattito accesso tra governo e opposizione, proprio quando lo scandalo nel Partito popolare torna in auge: il giudice Pablo Ruz ha chiuso con 43 rinvii a giudizio l’istruttoria principale dell’inchiesta Gürtel, che coinvolge alcuni imprenditori, come il più noto Francisco Correa Sánchez, e parecchi dirigenti del partito, tra cui alte cariche di enti locali a Madrid e Valencia. Tra le persone rinviate a giudizio ci sono anche i tre ex tesorieri del Partito popolare, Alvaro Lapuerta, Angel Sanchis e Luis Barcenas, e l’ex marito del ministro Mato, Jesús Sepúlveda, ex sindaco di Pozuelo de Alarcon (Madrid).
“La Spagna non è corrotta, la maggior parte dei politici sono onesti”, ha ripetuto il presidente del Consiglio iberico, proprio mentre Alfred Bosch, del Gruppo misto, sciorinava un elenco di nomi: “Vuole parlare di corruzione? Parliamo: Cristina di Borbone, Luis Bárcenas, Jaume Matas, Manuel Taboada, Alfonso Puente, Álvaro Lapuerta, Trinidad Arrollán, Cristina González, Luis García Saéz, Oriol Pujol”. D’altronde gli ultimi dati sugli scandali di corruzione che si contano a Madrid sono davvero preoccupanti: 1900 imputati, più di 130 cause, 170 condannati. Frattanto il ministro Ana Mato ha spiegato il suo gesto in un comunicato stampa: “Non sono incriminata per nessun delitto, né il giudice mi attribuisce responsabilità penali – ha – ma ho deciso di dimettermi perché non voglio che la mia presenza possa essere utilizzata per danneggiare il Governo spagnolo, il suo presidente o il Partido popular”.
Per l’esecutivo di Rajoy si tratta già della seconda dimissione di un ministro in meno di due mesi: a settembre a lasciare è stato quello della Giustizia, Alberto Ruiz Gallardón, che ha fatto un passo indietro dopo che la sua contestatissima legge sull’aborto era stata ritirata. Pressanti richieste di dimissioni del ministro di Sanità, invece, erano già cominciate durante l’emergenza ebola scoppiata nella capitale spagnola: l’infermiera Teresa Ramos si era contagiata dopo aver curato un missionario spagnolo che operava in Africa, dimostrando così delle falle di sicurezza nelle procedure di gestione della Salute pubblica. In quel caso il ministro si è negata a telecamere e giornalisti tanto che lo stesso premier Rajoy era stato costretto ad affidare la gestione del caso alla vicepresidente del governo Soraya Sáenz de Santamaría, che adesso subentra alla Mato, assumendo ad interim l’incarico.
Stamattina il presidente del governo ha cercato di dissipare l’idea di una corruzione generalizzata, ha detto che comprende l’indignazione dei cittadini e ha annunciato due misure che vuole approvare prima delle fine dell’anno: controllo sui finanziamenti dei partiti – che non potranno più ricevere donazioni da aziende – e regolamentazione dell’esercizio della alte cariche nell’amministrazione dello Stato – questi dirigenti dovranno rendere pubblico prima e dopo il loro ingresso in politica il proprio patrimonio -. Ma sul ministro, che fin a poco tempo fa aveva difeso contro tutti a spada tratta, non ha detto nemmeno una parola.
@si_ragu