Gli inquirenti procedono per omicidio volontario nel caso della sparizione dell'ex braccio destro del deputato Pd indagato per corruzione e falso nell’ambito di un’inchiesta su tangenti. Ascoltato nelle scorse settimane sulla scomparsa, l'ex parlamentare ha definito Guagnelli "solo un caro amico"
Per gli inquirenti si tratterebbe di omicidio. La procura di Roma procede per omicidio volontario per la sparizione di Alfredo Guagnelli, ex braccio destro del deputato Pd Marco Di Stefano, quest’ultimo indagato per corruzione e falso nell’ambito di un’inchiesta su tangenti. Gli accertamenti saranno coordinati personalmente dal procuratore Giuseppe Pignatone. Il sospetto degli inquirenti è che Guagnelli, scomparso cinque anni fa, sia stato ucciso. Nell’inchiesta infatti sarebbero stati raccolti elementi non riconducibili ad un allontanamento volontario. Guagnelli è ritenuto destinatario di una tangente di 300 mila euro ricevuta dai costruttori Antonio e Daniele Pulcini, gli stessi ai quali sarebbe riconducibile la presunta mazzetta da 1,8 milioni di euro finita a Di Stefano, che sarà ascoltato nell’inchiesta sulla scomparsa di Guagnelli in veste di teste indagato in procedimento connesso.
Nelle scorse settimane il parlamentare del Pd e’ stato ascoltato dai pm di Roma, nella veste persona informata sui fatti, nell’indagine sulla scomparsa dell’imprenditore e ha definito Guagnelli “solo un caro amico“. Una scomparsa che il fratello di Guagnelli, Bruno, ha tinto di nero in un’intervista dal Brasile affermando che Alfredo sarebbe stato ucciso e il suo corpo fatto sparire. Dipingendo un quadro di pessime compagnie, di ambienti pericolosi, dai quali lui stesso sarebbe fuggito in Sudamerica. Di Stefano, autosospesosi da deputato, e’ accusato di corruzione per una presunta tangente da 1,8 milioni che avrebbe preso dai Pulcini per affittare due loro immobili a Lazio Service, società della Regione. Per i pm Guagnelli sarebbe stato il mediatore e avrebbe avuto 300 mila euro. Di Stefano nega tutto e si dice pronto a chiarire.
Guagnelli non può, perche’ dall’8 ottobre 2009 e’ sparito. Una vicenda intricata, con i Pulcini ai domiciliari da qualche settimana per un’altra inchiesta su Agenzia del Demanio Lazio. Alfredo Guagnelli “non e’ mai stato un mio assistente o
collaboratore – aveva detto Di Stefano -, ma un semplice amico con cui condividevo esclusivamente momenti di vita privata e mai la mia attività politica. Non sono mai stato a conoscenza delle sue attività e dei suoi rapporti imprenditoriali – ha aggiunto – e posso escludere categoricamente che sia stato mai coinvolto in vicende che potessero interessare la Regione Lazio”.
Il fratello di Guagnelli, sentito nei mesi scorsi dalla squadra mobile di Roma, dice che Alfredo avrebbe ricevuto i 300 mila euro. Di Stefano, “in esecuzione di un medesimo disegno criminoso e nella qualità di assessore al Demanio e rappresentante dell’azionista unico Lazio Service – si legge negli atti dell’inchiesta -, società partecipata al 100% dalla Regione Lazio, per compiere un atto contrario ai propri doveri” promosse e autorizzò “al solo fine di soddisfare gli interessi economici dell’imprenditore Antonio Pulcini la ricerca di una nuova sede” per Lazio Service. Affittare i due palazzi di via del Serafico all’Eur alla società con 1400 dipendenti avrebbe fatto lievitare i prezzi degli immobili, poco dopo venduti a peso d’oro all’Ente nazionale di previdenza e assistenza dei medici (Enpam).
I magistrati che indagano sul patrimonio Enpam vorrebbero chiudere la tranche sulla presunta maxi tangente a novembre. E’ possibile che arrivi una richiesta di rinvio a giudizio. Il suo legale ha detto che Di Stefano vuol essere sentito, proprio sulla questione della presunta tangente, dai pm a cui ha depositato una memoria. Ora Di Stefano potrebbe essere ascoltato di nuovo anche sulla scomparsa di Guagnelli.