Il presidente della Banca centrale torna a chiedere che i Paesi membri "condividano sovranità". Anche accelerando il percorso verso un regime di tassazione unico. "Mantenere i conti in ordine è necessario ma non sufficiente"
Per assicurare che i titoli di Stato continuino ad essere un ‘porto sicuro’ serve “una qualche rete di protezione del debito sovrano“. Parola del presidente della Bce Mario Draghi. Che, da Helsinki, è tornato anche ad avvertire che bilanci solidi e in equilibrio sono “necessari” in un’unione monetaria come l’Eurozona, ma non “sufficienti come strumento di stabilizzazione”: lo dimostra chiaramente l’esperienza della crisi. Insomma, è vero che i Paesi che hanno seguito con più diligenza il principio stesso su cui si fonda l’euro, “mantenere i conti in ordine“, e possono quindi contare su posizioni fiscali “più solide”, hanno beneficiato di “condizioni di finanziamento più semplici” e sono risultati “più protetti”. Ma, ha sottolineato Draghi, “abbiamo visto che questa protezione non è assoluta”. Ecco perché ora l’area euro deve fare “un passo decisivo verso una più ravvicinata Unione di bilancio“. “E per fare questo passo c’è bisogno di vedere prima un processo di convergenza delle politiche economiche e finanziarie”. Cioè, in pratica, i 28 Stati membri devono secondo Draghi rinunciare progressivamente alla possibilità di decidere come e dove tassare, in favore di un regime fiscale unico. Un altro aspetto di quella “condivisione di sovranità” che l’ex governatore di Bankitalia auspica da tempo. E che giovedì ha ribadito prospettando “un passo avanti da regole comuni a istituzioni comuni”.
Nel frattempo occorre però “consentire alle politiche di bilancio di giocare un ruolo anti-crisi“. Nuova apertura, insomma, a una modulazione flessibile dell’aggiustamento fiscale dei singoli Paesi, finalizzata ad accompagnare gli sforzi messi in campo dalla Banca centrale europea. Che, pur essendo pronta a fare “tutto il necessario”, compreso l’acquisto di titoli di Stato se l’inflazione resterà bassa troppo a lungo, “non può rilanciare la crescita da sola, serve anche il contributo dei governi e delle istituzioni europee”. Visti i ben noti “rischi al ribasso” della ripresa,”tutti devono fare la loro parte” su tre direttrici: la riduzione del debito, l’aumento della crescita potenziale e la solidità dell’euro.
Quasi in tempo reale la risposta del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, secondo il quale “il governo italiano è pronto, prontissimo a fare la sua parte” a patto che “le politiche di austerità ci lascino più spazio e se riusciamo a convincere, come sta facendo la presidenza italiana, che devono cambiare e trasformarsi in politiche di crescita”. Rivendicazione che fa il paio con quelle espresse giovedì mattina da Matteo Renzi durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno della scuola di Polizia tributaria della Guardia di Finanza a Ostia: “Troverei incredibile, visto che ci fanno esami tutti gli anni, se poi magari bloccassero l’Iva per procedere. Noi andiamo a spiegare la strategia complessiva, ci devono dare gli strumenti”. Il riferimento è alla norma del disegno di legge di Stabilità che prevede l’inversione del pagamento dell’Iva dal venditore all’acquirente (reverse charge): perché possa entrare in vigore serve il via libera europeo.
Quanto al piano di investimenti firmato dal presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker e presentato martedì, Draghi ha detto di accogliere “con favore la nuova proposta per stimolare la spesa per investimenti in Europa”. Nonostante i “soldi veri” siano solo 21 miliardi contro i 315 che dovrebbero essere “attivati” grazie all’effetto leva, per Draghi “ciò che conta” è che la “dimensione sia completata”, che gli effetti si distribuiscano “rapidamente” in modo da “sostenere la domanda” e che il piano si rivolga a quei settori “in cui l’impatto sulla crescita potenziale è più rilevante”.