“Sono certo che per tutti noi la neutralità della rete costituisce il primario valore di riferimento. L’affermazione di una rete aperta, libera, non discriminatoria, ha bisogno di due presupposti. Il primo consiste in una adeguata regolamentazione, né inconsistente, né invasiva, perché affermare il solo principio di neutralità della rete, senza regolamentazione, porterebbe alla sua sconfessione di fatto. La seconda considerazione è che il realizzarsi di un accordo diretto tra gli operatori e gli Ott, senza alcun ruolo delle istituzioni, se non quello notarile del prender atto, finirebbe con l’alzare una barriera finanziaria per i nuovi entranti e frenerebbe l’innovazione che è sempre stata il motore dello sviluppo di Internet.”
E’ questo uno dei passaggi più significativi del discorso appena pronunciato da Antonello Giacomelli, sottosegretario alle Comunicazioni, davanti al Consiglio dell’Unione europea sulle Telecomunicazioni in corso a Bruxelles.
Parole e principi, concettualmente distanti anni luce, dalle posizioni – ufficiali, ufficiose, travisate o reali – che, nei giorni scorsi sono state attribuite, a torto o a ragione, al nostro governo in tema di neutralità della Rete. Inutile, in questo momento, interrogarsi su cosa sia realmente accaduto nelle scorse settimane quando il governo italiano è apparso – agli osservatori nazionali come a quelli internazionali – prendere una posizione sulla questione della neutralità nella gestione delle autostrade dell’informazione fortemente sbilanciata dalla parte delle società di telecomunicazione.
“Abbiamo privilegiato in ogni momento – ha detto il sottosegretario Giacomelli – il mandato di mediatore neutrale che appartiene alla presidenza, rispetto all’affermazione del proprio punto di vista”. Come dire, nella sostanza, che le diverse posizioni sin qui rimbalzate da Bruxelles nei documenti trapelati nelle scorse settimane, non riflettevano la posizione del nostro governo ma si limitavano a cercare di riassumere quelle, via via emerse nel dibattito in corso.
Parole importanti – a condizione, ovviamente, di non dubitare della circostanza che riflettano la realtà – che indicano altrove, fuori dai nostri confini e lontano dal nostro governo, la responsabilità di chi ha provato ad affermare, in Europa, un principio perverso ed antidemocratico secondo il quale ogni forma di discriminazione nell’utilizzo delle autostrade dell’informazione sarebbe stata lecita alla sola condizione che gli utenti, formalmente, ne avessero fatto richiesta ai gestori delle autostrade.
Come se, davvero, aderire alle condizioni generali di contratto predisposte da un gigante delle telecomunicazioni, valesse a garantire ai cittadini europei l’esercizio della libertà negoziale prima e di quella all’accesso ad una rete adeguata, libera e neutrale poi.
Forse non siamo stati noi, ma c’è qualcuno – forse più d’uno – tra i Paesi europei che fa il tifo perché quelle reti che sono, ormai, diventate parte integrante dell’infrastruttura democratica, siano governate dalle regole del mercato.
Sapere che non sia il nostro governo consola, ma, naturalmente, non tranquillizza. E se non è quella rimbalzata nei giorni scorsi, quale è la posizione del nostro governo a proposito della neutralità della Rete?
Netta, democratica, ferma e risoluta almeno a sentire oggi Antonello Giacomelli: “Partendo da questo approccio, la proposta che noi avanziamo è di liberare la riflessione in corso dal contrasto tra le ragioni degli operatori e quelle degli OTT, rimettendo invece al centro l’interesse, o ancor meglio il diritto del cittadino utente, rispetto al quale vanno definite le posizioni di tutti i soggetti economici. In altre parole, a nostro avviso, dobbiamo partire dal considerare a tutti gli effetti l’accesso adeguato alla rete un servizio universale, un diritto fondamentale, un bene essenziale. Chi, meglio dell’Europa, che ha nella sua cultura e nella sua storia la compiuta elaborazione e la positiva affermazione del Servizio universale, può promuovere in uno scenario globale l’adeguato accesso alla rete come diritto fondamentale di ogni persona?”.
Parole pregne di significato e, naturalmente condivisibili anche se – non bisogna dimenticarsene – dire che “l’accesso adeguato alla rete” deve essere considerato “un servizio universale, un diritto fondamentale, un bene essenziale”, non significa esattamente dire che ogni cittadino ha diritto ad accedere ad una rete che oltre che adeguata sia anche neutrale.
E guai anche a dimenticare che, purtroppo, nonostante l’apprezzabile “colpo di reni democratico” delle ultime ore, il semestre europeo di Presidenza italiana, si avvicina alla chiusura senza che siano stati fatti grandi passi avanti nella fissazione del principio della net neutrality come principio ispiratore della politica europea in materia di telecomunicazioni.
Almeno però, forse, non passeremo alla storia per quelli che hanno fatto fare all’Europa un passo indietro.