Cercherò di dirlo nel modo meno fastidioso possibile, ma quando negli anni Novanta arrivò in Italia la sconvolgente serie ER- Medici in prima linea, subito dopo aver preso confidenza con il ritmo serrato, ancora inedito nei telefilm, e dopo aver cominciato a familiarizzare con i personaggi che ruotavano intorno al pronto soccorso dell’ospedale di Chicago, mi sono sentito di colpo proiettato in una sorta di Medioevo. Vivevo, e ahimé vivo, in un paese in cui l’omosessualità passava nei media attraverso macchiette come il Lino Banfi tutto frou frou di certe commedie all’italiana, mentre di là dell’Oceano esistevano personaggi come Kerry Weaver, una lesbica zoppa da un piede e stronza come pochi altri personaggi di telefilm mi era mai capitato di vedere prima.
E le cose non miglioreranno negli anni successivi, quando in televisione cominceranno ad apparire personaggi come il tizio veneto di Commesse, non so se ricordate, un gay dichiarato, simpatico e sensibile. Un piccolo passo avanti, rispetto la checca che gesticola e parla effemminato, certo, ma un passo proprio piccolo piccolo. Niente a che vedere con una lesbica zoppa e stronza, converrete con me. Poi è arrivato Grey’s Anatomy, con la coppia Callie Torres-Arizona Robbins, una delle più belle coppie viste in una serie tv, e anche lì, colpi di scena su colpi di scena, con la bella e biondissima Arizona che prima perde una gamba (le serie tv americane tendono a citarsi, è noto), poi tradisce Callie e diventa anche un po’ stronza. Una evoluzione, per certi versi, perché una lesbica non solo era tanto normale da potersi permettere di avere un handicap (figurati se da noi qualcuno avrebbe osato tanto), ma poteva passare da essere un personaggio positivo a essere un personaggio negativo, per altro invertendo la parabola di Karry Weaver. E noi? Noi niente, noi siamo ancora al figlio gay del poliziotto Lando Buzzanca, una roba talmente stucchevole da spingere chiunque verso l’omofobia.
Va be’, direte voi, ma perché ci stai dicendo questo?
Semplice, perché in questi giorni è uscito il cofanetto Greatest Hits di Tiziano Ferro, e nel presentarlo alla stampa, soprattutto nel rilasciare un’intervista imponente a Vanity Fair, il nostro, si è soffermato ancora una volta sulla sua vita privata, finendo per dire che si augura di arrivare ai quaranta felicemente accompagnato, perché ha deciso che per quella data vuole un figlio. Non un figlio adottivo, ma un figlio naturale, al punto che, se non avrà un compagno amen, volerà come tanti altri suoi colleghi vip in Usa e tornerà padre naturale di un bambino, per non perdere la commozione di riconoscere la propria fisiognomica in un bambino.
Ora, capitemi bene. Auguro a Tiziano Ferro di trovare un compagno per la vita. Gli auguro amore e figli maschi. Ma proprio perché non vedo nulla di anormale nell’augurarsi e augurare agli altri, un amore omosessuale, e nel desiderare un figlio naturale, mi viene da dire che anche in questo caso, come quando qualche tempo fa ha fatto coming out, in occasione dell’uscita della sua autobiografia, il cantautore di Latina ha usato la propria vita privata, la propria intimità in maniera impropria.
Insomma, si è comportato come una Kerry Weaver o una Arizona Robbins. Chiaro, chiunque può dire che ognuno fa della propria vita privata quel che vuole, e lo può dire a ragione, ma qui stiamo parlando di comunicazione, e di promozione legata all’uscita di un prodotto, un libro nel caso del coming out, un Greatest Hits nel caso della notizia del bambino (non a caso strillata in copertina sul settimanale in questione). So che le dichiarazioni legate all’affettività di una star, se sono di natura omosessuale, in un paese retrogrado come il nostro, possono ben servire da esempio. Nel senso che in molti, magari, potranno riconoscersi in lui e sentirsi un po’ meno diversi, e anche un po’ meno soli. E so che anche per chi omosessuale non è, sapere che una star apprezzata per la sua musica, e anche per la sua simpatia, può servire a normalizzare qualcosa che normale è ma non viene inteso come tale dagli altri.
Ok. Ma esibire la propria intimità, anche quella più normale, se fatto per scopi di promozione di un prodotto, per vendere qualcosa, mi sembra molto vicino, alla pornografia (sentimentale), quindi molto meno normale di quanto non si vorrebbe far passare. Il sesso, più o meno, è parte della vita di tutti, ma la pornografia si sofferma morbosamente sui dettagli, facendo passare qualcosa di finto come qualcosa di vero, di replicabile (ben sappiamo, però, che così non è), snaturando quanto è secondo natura. Così mi sembra in questo caso, Ferro ci racconta il suo essere omosessuale, una cosa che è normale, ma lo fa per venderci un libro, ci sussurra il suo desiderio di paternità, ma lo fa per venderci un Greatest Hits.
Niente di normale, come un amplesso in un film porno, qualcosa di atletico, di meccanico, ma assolutamente innaturale. Qualcuno dirà, ma sono i giornalisti a chiedergli questo. Vero, ma un artista del calibro di Tiziano Ferro, volendo, non ne parlerebbe in queste occasioni, staccando privato da pubblico. Se fosse andato un anno fa, fuori dalla promozione, dal direttore di Vanity Fair a proporre un’intervista gli avrebbero dedicato la copertina, senza se e senza ma. Tanto più nel caso del coming out. Invece lo ha fatto così, sporcando, in qualche modo, qualcosa di bello (non accusatemi ora di moralismo, l’esempio del porno è appunto un esempio, e in tutti i casi la parola pornografia, fino a prova contraria, ha in italiano una valenza negativa).
Poi, è chiaro, è auspicabile che il nostro paese si accorga che siamo nel 2014, è presto per poter dire che uno come Ferro ha sbagliato, a mio parere, nel venderci la sua vita privata, io non debba fare una premessa così lunga e articolata. Ed è anche auspicabile che, nel parlare della promozione di un Greatest Hits, in formato Deluxe addirittura un quadruplo, io mi possa concentrare sull’enormità di materiale, sproporzionato per uno che ha pubblicato appena cinque album, invece che di quello che deve fare per venderli.
Per cui, nonostante la caduta di stile, Tiziano, auguri e figli maschi, sia chiaro, e che la vita ti sorrida sempre, anche senza la necessità, poi, di venirci a raccontare i dettagli.