“E’ necessario – scrive Protagora – che tutti i cittadini compartecipino perché vi possa essere una polis”. E Socrate osserva: “E’ buona prova del fatto che qualcuno possegga la conoscenza di una cosa determinata, la capacità di trasmettere questa conoscenza anche ad un altro”.
Due citazioni utili in tempi di cooptazione di yes-man nella politica e di scarsa attitudine, di giovani e meno giovani, alla conoscenza e alla quotidianità del nostro Paese. E se cultura e politica tornassero a parlarsi?
Vorrebbe dire che nel mezzo del “Medioevo 2.0” in cui ci troviamo, – culturale, valoriale, professionale ed emozionale – c’è chi non ci sta. E punta dritto ad un nuovo “Rinascimento biancorossoeverde” che passi da quella straordinaria aggregazione socio culturale che prende il nome di conoscenza. Direzioni di marcia, analisi approfondite, rivoluzionarie tecnologie applicate alle città, strategie future e un nuovo glossario della politica: è quello di cui necessitiamo. Perché il logos è un seme che va innaffiato quotidianamente. E la speranza non può che essere rappresentata dalla generazione dei 20enni, come quelli – entusiasti e non selezionati come un cast – che sto incontrando in questo fine settimana alla scuola di politica del Centro Studi Europa di Venezia.
Nell’Antica Grecia esisteva il culto della paedia. Ovvero quel dialogare socratico come forma di educazione metodologica a valori come la giustizia, la virtù, la pietà religiosa, l’amicizia, il coraggio. Il richiamo a Socrate non è accademia ma vettore per sottolineare come la sua paideia sta proprio nella direzione di marcia in cui cercare la possibile verità. Socrate interroga e si interroga alla ricerca del sapere, perché l’apprendimento è il collante per una cittadinanza che si fa attiva, proprio perché consapevole.
Ma, in questo, un ruolo primario appartiene di diritto alla cultura, un punto insindacabile. La cultura come pillola di crescita. Cultura fa rima con Italia, un tricolore di competenze, di storia, di patrimonio artistico inestimabile ma che spesso viene relegato a scomoda cornice, o addirittura dileggiato da chi mette al centro dell’agorà numeri e spread, fatturati e percentuali destinate a sgonfiarsi.
E ancora, cultura è valorizzazione della lingua italiana, meravigliosa creatura (figlia del d’oc e del d’oil), e delle arti da divulgare in quanto tesori senza tempo che l’Italia ha donato al mondo: Dante Alighieri e Leonardo, Raffaello e Pico della Mirandola, Machiavelli e Pinturicchio.
Cultura però non è solo conoscere la data dell’unificazione italiana, o giustamente quella della Carta Costituzionale. Cultura è anche, e soprattutto, capacità di dialogo multilivello, interlocuzione con chi presenta opinioni differenti, predisposizione all’ascolto e all’approfondimento, dedizione senza paraocchi ai fenomeni che caratterizzano le vite di ciascuno di noi, apertura ideale e mentale per offrire soluzioni ai nodi che si presentano.
Cultura sono questi 20enni che, per un week end, rinunciano a locali e corse in autostrada, per parlare di politica. Cultura è il seme che la politica fino ad oggi ha scelto di ignorare. Ma che va di nuovo innaffiato.
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