Chi evade in modo sistematico è un soggetto “socialmente pericoloso”. E in qualche modo può restarlo anche da morto, nel senso che la sua condotta fiscale, sotto il particolare profilo delle misure di prevenzione, ricade sugli eredi se la sproporzione tra i redditi dei figli e i capitali immessi nelle società familiari fa comprendere che i proventi dell’evasione del defunto abbiano arricchito le imprese guidate dagli eredi.
È questo il principio del sequestro da 65 milioni eseguito dai finanzieri del Comando Provinciale su ordine Tribunale di Milano, su richiesta del pm milanese Alessandra Dolci, di tre imprese del gruppo di quello che era considerato il “re delle bonifiche ambientali” Giuseppe Grossi, amministrate dopo la morte del padre dai suoi figli Andrea, Paola e Simona. Che sono recentemente finiti anche nel mirino della Squadra Mobile di Latina per la discarica di Borgo Montello. Sigilli quindi anche a 136 immobili, 140 terreni, 268 auto d’epoca o di lusso, 160 moto,cinque motoscafi e tre barche a vela.
Secondo i giudici il procedimento di prevenzione può “essere iniziato anche in caso di morte del soggetto nei confronti del quale potrebbe essere disposta la confisca”, e in tal caso la misura va a colpire “i successori a titolo universale” a patto che siano trascorsi meno di cinque anni dal decesso.