Italia Marittima minaccia la fuga dall’Italia e dal Parlamento arriva a stretto giro un salvagente ad hoc, inserito in fretta e furia nella legge di Stabilità. A ottobre la compagnia di trasporto via nave, erede dell’ex Lloyd Triestino e ora braccio operativo in Italia del gruppo taiwanese Evergreen, ha ricevuto una multa da 60 milioni di euro per errata applicazione della “tonnage tax”, il regime fiscale forfettario per le navi a tratta internazionale che viene applicato in tutta Europa. Il presidente di Italia Marittima, Pierluigi Maneschi, ha subito fatto sapere di essere pronto, in caso di conferma della sanzione, a “spostare la sede legale e le attività in altro Paese comunitario”. Immediata la presa di posizione dei parlamentari dem del Friuli Venezia Giulia Lodovico Sonego, Francesco Russo e Giorgio Brandolin, che hanno promesso di “muoversi sia in sede parlamentare che nei confronti del governo”.
Detto, fatto: mercoledì sera in commissione Bilancio è spuntato un emendamento del relatore Pd Mauro Guerra, approvato a maggioranza con il voto contrario dell’M5S, che esonera le navi italiane in acque internazionali dalla ritenuta fiscale del 30% sul suo noleggio o sul noleggio di attrezzature. Cioè proprio l’imposta che, secondo la Guardia di finanza, Italia Marittima non ha pagato per i periodi in cui si spostava in acque internazionali. Per il codice della navigazione, hanno infatti rilevato le Fiamme Gialle, quando una nave con bandiera italiana si muove in acque extraterritoriali è assoggettata alla tassazione ordinaria nazionale (la ritenuta del 30%, appunto) e non a quella della “tonnage tax”. Di qui la multa.
L’emendamento che modifica la situazione in senso favorevole a Italia Marittima letteralmente recita: “L’articolo 25, comma 4, penultimo periodo, del dpr 1073, n. 600, si interpreta nel senso che per la sussistenza del requisito della territorialità non rileva l’articolo 4 del codice della navigazione”. Tradotto, significa che se una nave battente bandiera italiana si trova in acque non soggette alla sovranità di uno Stato non c’è più l’automatica applicazione della tassa. “Chi ci guadagna? Di sicuro non le casse dello Stato italiano”, commenta Daniele Pesco, deputato grillino che si è opposto alla proposta di modifica. “Anche il Servizio studi della commissione la pensa come noi, ma non è bastato enunciarlo nel dibattito”.
Maneschi, dal canto suo, eccepisce che “non è possibile che una nave che non opera tra porti italiani, ma dal Giappone agli Stati Uniti, e passa la maggior parte del tempo in acque internazionali, sia considerata in acque italiane solo perché ha bandiera italiana”. Più in generale, le compagnie di trasporti via mare fanno notare che la “tonnage tax” e il registro navale internazionale, operativo dal 1998, hanno fatto tornare sotto la bandiera nazionale il 70% delle navi “nascoste” in registri esteri con punte del 95% in Italia.