Mancando una legislazione che inserisca i reati ambientali nel codice penale, il disegno di legge 1345 è bloccato tra le commissioni ambiente e giustizia del Senato, dimostrare il reato è complicato
Dalla discarica Pitelli (La Spezia) piena rifiuti tossici, al petrolchimico di Porto Marghera (Venezia) che ha seminato morti per tumore. Dal Mercante di rifiuti (Padova), vicenda di rifiuti mescolati a cemento per l’edilizia, al mare di Priolo (Siracusa) dove furono versate tonnellate di mercurio, contaminando pesci e latte materno. Eccole alcune delle tante storie di disastro ambientale nel Belpaese, accomunate dallo stesso finale all’italiana: senza un colpevole, perché “il reato è estinto per intervenuta prescrizione”.
Gli “eco-processi” d’altronde sono i primi a subire i tempi del diritto. Mancando una legislazione che inserisca i reati ambientali nel codice penale (il disegno di legge 1345 “Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente”, approvato a febbraio alla Camera, è ingolfato tra le commissioni ambiente e giustizia del Senato), dimostrare il reato è complicato: vengono fatte perizie e contro perizie, lunghe indagini e battaglie in tribunale. E nel frattempo le responsabilità vengono polverizzate dalla prescrizione.
È Legambiente a ricordare i 17 processi per disastri ambientali più importanti, molti dei quali finiti in prescrizione. Tra le storie di giustizia negata c’è la vicenda di Priolo, piccolo comune siciliano, il cui mare nel 2001 divenne completamente rosso. La Finanza scoprì che le industrie petrolchimiche scaricavano direttamente in mare, tanto che in acqua fu rinvenuta una quantità di mercurio 20mila volte superiore al limite di legge (500 le tonnellate riversate). Alta la percentuale di mercurio anche nei pesci e nel latte materno. Ci furono 30 indagati, tuttavia l’inizio dell’inquinamento risale agli anni ’70 e tutti i reati sono finiti prescritti. Il 5% dei bambini, negli anni successivi allo sversamento, è nato con malformazioni, cinque volte superiore alla media nazionale.
C’è poi l’inchiesta Mercante di rifiuti. Nel 2004, la forestale intercettò un traffico illecito di rifiuti pericolosi, provenienti da centinaia di ditte di varie regioni, che venivano mescolati a cemento per essere usato in edilizia. È stato usato, ad esempio, per la realizzazione di un cavalcavia a Padova. Scattarono le manette a 7 persone, 28 le denunce. Per chi patteggiò le condanne sono diventate definitive, per gli altri è intervenuta la prescrizione, anche per il reato di associazione a delinquere.
Altra storia in Liguria, nella discarica Pitelli rinominata la “collina dei veleni”, sito di stoccaggio di rifiuti, attivo fra gli anni ’70 e ’90, dove furono trovati rifiuti pericolosi di ogni tipo.Tra questi 18mila tonnellate di scorie prodotte da inceneritori con enormi concentrazioni diossine, tonnellate di fanghi di depurazione da un complesso chimico-farmaceutico, scorie alcaline, macerie contenenti amianto. Le indagini partirono nel ’96 e si conclusero con una trentina di arresti. Il processo iniziò però solo nel 2003 con 11 rinvii a giudizio. Ma a 15 anni dal primo sequestro, dopo che la prescrizione aveva falcidiato la gran parte dei reati ambientali contestati, il collegio del tribunale di La Spezia dichiarò assolti tutti.
E ancora, Porto Marghera. Polo petrolchimico. Tonnellate di fumi tossici immessi in aria e tonnellate di sostanze cancerogene riversate sul territorio e in mare. Migliaia di morti per tumore alle vie respiratorie, alla pelle e ossa. Nel ’96 la procura di Venezia chiese il rinvio a giudizio per 28 tra dirigenti ed ex dirigenti di Montedison ed Enichem. Nel processo d’appello del 2004, vennero condannati 5 ex dirigenti Montedison per omicidio colposo nei confronti di un solo operaio morto di angiosarcoma epatico nel 1999. Gli altri sette omicidi colposi, i dodici casi di lesioni colpose per altre neoplasie, epatopatie e sindromi di Raynaud, gli scarichi inquinanti nella laguna e l’omessa collocazione di impianti di aspirazione, sono finiti tutti in prescrizione.
Ma se tutto ciò ormai è passato, il rischio è che la storia continui a ripetersi. Tra i reati in corso a rischio prescrizione ci sono infatti quello relativo all’impianto di Colleferro, quello della Valle del Sacco nel Lazio, della raffineria Tamoil a Cremona accusata di inquinamento di acqua e suoli e quello contro la Lombardia Petroli a Villasanta alla quale si contesta l’inquinamento del fiume Lambro.