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Gerontocrazia: il posto fisso non è morto in Bocconi

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L’Università Bocconi ha eletto il nuovo consiglio di amministrazione, confermando al vertice Mario Monti (71 anni). Luigi Guatri (87 anni ) è confermato vicepresidente così come Bruno Pavesi (73 anni) nel ruolo di Amministratore Delegato. È la dimostrazione che la business community italiana non ha riserve di personale direttivo?

Mario Monti

 

Pochi giorni fa il CdA dell’Università è stato rieletto per il quadriennio 2014-2018: secondo lo Statuto, il Presidente e 9 membri su indicazione della Fondazione Javotte Bocconi, mentre 9 consiglieri sono nominati dalle istituzioni lombarde. La notizia che ha avuto scarso rilievo sulla stampa è una curiosa distrazione: le vicende della Bocconi, la più importante università nel campo delle scienze economiche e manageriali, costituiscono lo specchio della nostra elite economica. L’ateneo è un vivaio di futuri capi azienda che si ritrovano nell’influente associazione Alumni, e di competenze per il governo del paese, così come abbiamo recentemente sperimentato. Il presidente Mario Monti ricopre la carica ininterrottamente dal 1994, mentre dal 1989 al 1994 è stato Rettore della stessa università. Anche in un paese abituato alla stabilità degli incarichi, il caso sembra eccessivo. Alla conclusione del ciclo di mandato le tre persone al vertice avranno in media 81 anni. Mentre raccontiamo ai giovani e meno giovani che il posto fisso, il job for life, è morto, i potenti potrebbero dare un esempio migliore. Scorrendo la lista dei nomi salta all’occhio che neanche il criterio ormai politically correct della quota rosa è tenuto in particolare considerazione. Infatti è difficile credere che sia un effetto della legge Golfo-Mosca la nomina di Diana Bracco, una lunga lista di incarichi tra cui Presidente di Expo SpA 2015 e Commissario Generale del Padiglione Italia.

Infine la mancanza di “stranieri” nel cda. E’ vero che i consiglieri rappresentano le istituzioni lombarde ma da quando la nostra prospettiva economica si è così ristretta? Avevamo pensato che la Bocconi fosse una porta per l’internazionalizzazione delle imprese italiane!

Aveva ragione Jean Fazy, un politico ginevrino amico di Giuseppe Mazzini? Nel 1828 coniava il termine gerontocrazia e scriveva il suo pamphlet De la Gerontocratie, ou l’abus de la sagesse des vieillards. Un ricambio generazionale contribuirebbe con generosità alla preparazione della nuova classe dirigente, che supponiamo costituisca la missione dell’Università Bocconi. Sarebbe un’occasione per portare una ventata di aria fresca nel nostro mondo economico?

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