I deputati di Sel l’hanno definito il “buco nero” della Legge di stabilità. Nel mirino della pattuglia dei vendoliani alla Camera era finita la norma che prevede il taglio di 5 miliardi dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive. O meglio, la sua formulazione approvata dalla commissione Bilancio di Montecitorio che consentirà a tutte le imprese, indiscriminatamente, di beneficiarne. “Noi chiedevamo, invece, di estromettere quelle che negli ultimi tre anni hanno delocalizzato o licenziato personale”, spiega il capogruppo di Sinistra ecologia e libertà, Arturo Scotto. Ma l’emendamento è stato bocciato.
MENO IRAP PER TUTTI
Un emendamento ispirato, secondo i deputati di opposizione, ad un principio meritocratico: premiare le sole aziende che, nonostante la crisi, avessero resistito alla tentazione di traslocare all’estero o di far pagare ai dipendenti gli effetti della recessione. Ma la proposta di modifica, firmata dall’ex segretario della Fiom di Torino Giorgio Airaudo, volta ad escludere la deducibilità del costo del lavoro dall’imponibile Irap per “le imprese che nell’ultimo triennio abbiano avviato procedure di licenziamento o di delocalizzazione”, non è sopravvissuta alla seduta del 20 novembre in commissione Bilancio. “E’ giusto che da questa norma debbano trarre beneficio anche aziende che hanno dato vita a pesanti politiche di riduzione del personale?”, si chiede Scotto.
LA SCURE SUI LAVORATORI
Che tanto per restare all’attualità cita alcuni esempi emblematici: “Penso ai 1.600 esuberi dichiarati da Meridiana (la Procura di Tempio Pausania ha indagato, tra gli altri, il presidente Marco Rigotti proprio in relazione agli ammortizzatori sociali chiesti e ottenuti per i lavoratori del gruppo, ndr) e ai 994 dipendenti messi in mobilità da Alitalia poco più di un mese fa (che si sommano alle 713 uscite volontarie già ratificate, ndr), ai tagli in Autogrill (l’ultimo con il licenziamento collettivo di 81 lavoratori dei punti vendita dell’aeroporto di Capodichino, ndr) e al caso dell’Accenture dove in 262 sono destinati alla mobilità (il 1° novembre è scaduto il contratto con British Telecom, unico committente dell’azienda, ndr), alla chiusura dell’impianto Alcoa di Portovesme (la cassa integrazione straordinaria per i circa 450 addetti scade a fine anno, ndr) e agli oltre 850 posti di lavoro a rischio legati al fallimento della Groundcare (la società laziale di handling attiva negli aeroporti romani di Ciampino e Fiumicino, ndr) senza contare le centinaia di tagli annunciati in tutta Italia dal colosso americano della microelettronica Micron (ingegneri, fisici e matematici della multinazionale si sono messi all’asta su eBay, ndr)”.
CONFLITTI MINISTERIALI
La collega di partito, Lara Ricciatti, si spinge addirittura oltre. “Il modo in cui è stato congegnato il taglio dell’Irap non mi stupisce affatto: rappresenta in maniera plastica la direzione di Renzi e di questo governo che da una parte privatizza e dall’altra svende, favorendo indirettamente anche le delocalizzazioni”. E al riguardo cita un caso a suo avviso emblematico. “Impossibile fare a meno di notare che a beneficiare della deducibilità del costo del lavoro dall’imponibile Irap sarà anche la ministra dello Sviluppo economico, Federica Guidi, che ha la presunzione di occuparsi della politica industriale italiana con alle spalle un’azienda di famiglia, la Ducati Energia, delocalizzata. Un controsenso ed un palese conflitto di interessi (anche se l’apertura dei siti esteri del gruppo in Romania, Croazia, India e Argentina risale al periodo 2002-2008 e la ministra preferisce parlare, piuttosto, di «multilocalizzazione, ndr )”, accusa la deputata di Sel. Che tornando alla formulazione della norma aggiunge: “Un completo fallimento. Quando capiranno che non è con i continui regali al profitto che ripartirà l’economia, sarà troppo tardi”.