Nel suo ultimo discorso nella visita al Patriarca di Costantinopoli, Bergoglio chiede di procedere nel cammino di riconciliazione e di comunione tra cattolici e ortodossi e di dare il via a un dialogo costruttivo con l'Islam
“L’esclusione sociale può indurre ad attività criminali e perfino al reclutamento del terrorismo”. Nel suo ultimo discorso in Turchia, al termine del suo sesto viaggio internazionale, Bergoglio ha voluto rivolgere un nuovo forte appello per la pace. “La voce delle vittime dei conflitti in tante parti del mondo – ha affermato il Papa – che grida forte la sentiamo risuonare molto bene da qui, perché alcune nazioni vicine sono segnate da una guerra atroce e disumana. Turbare la pace di un popolo, commettere o consentire ogni genere di violenza, specialmente su persone deboli e indifese, è un peccato gravissimo contro Dio, perché significa non rispettare l’immagine di Dio che è nell’uomo. La voce delle vittime dei conflitti – ha aggiunto Francesco – ci spinge a procedere speditamente nel cammino di riconciliazione e di comunione tra cattolici e ortodossi”. Il Papa ha ricordato anche le vittime dell’attentato nella Moschea di Kano in Nigeria.
Bergoglio ha voluto rivolgere anche un appello per i poveri, i disoccupati e i giovani. “Nel mondo – ha affermato Francesco – ci sono troppe donne e troppi uomini che soffrono per grave malnutrizione, per la crescente disoccupazione, per l’alta percentuale di giovani senza lavoro e per l’aumento dell’esclusione sociale”. Persone che, come ha sottolineato il Papa, “ci chiedono non solo di dare loro un aiuto materiale”, ma “soprattutto che li aiutiamo a difendere la loro dignità di persone umane”. Di “lottare contro le cause strutturali della povertà: la disuguaglianza, la mancanza di un lavoro degno, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi”, per “sconfiggere insieme” la “globalizzazione dell’indifferenza”.
Al termine della celebrazione nella Chiesa patriarcale di San Giorgio, Francesco e Bartolomeo si sono affacciati dal balcone del secondo piano del Fanar e insieme hanno impartito ai fedeli presenti una benedizione ecumenica. Subito dopo, Bergoglio e il Patriarca hanno firmato una dichiarazione congiunta nella quale esprimono la comune preoccupazione per la situazione in Iraq, in Siria, in Ucraina e in tutto il Medio Oriente. “Siamo uniti – scrivono i due leader religiosi – nel desiderio di pace e di stabilità e nella volontà di promuovere la risoluzione dei conflitti attraverso il dialogo e la riconciliazione. Riconoscendo gli sforzi già fatti per offrire assistenza alla regione, ci appelliamo al contempo a tutti coloro che hanno la responsabilità del destino dei popoli affinché intensifichino il loro impegno per le comunità che soffrono e consentano loro, comprese quelle cristiane, di rimanere nella loro terra natia”.
Sguardo anche ai profughi del Medio Oriente: “Molti nostri fratelli e sorelle sono perseguitati e sono stati costretti con la violenza a lasciare le loro case. Sembra addirittura che si sia perduto il valore della vita umana e che la persona umana non abbia più importanza e possa essere sacrificata ad altri interessi. E tutto questo, tragicamente, incontra l’indifferenza di molti”. Per Francesco e Bartolomeo, nella persecuzione dei cristiani, esiste anche un “ecumenismo della sofferenza” che può essere “strumento efficace di unità”. Nella dichiarazione congiunta i due leader religiosi sottolineano anche l’importanza della “promozione di un dialogo costruttivo con l’islam, basato sul mutuo rispetto e sull’amicizia”. Proprio a Istanbul, il Papa ha pregato in silenzio nella Moschea Blu togliendosi le scarpe in segno di rispetto per il luogo sacro per i fedeli musulmani.
Prima di ripartire per Roma, il saluto di Bergoglio ai ragazzi dell’oratorio salesiano, nel cortile della residenza pontificia di Istanbul, tra i quali alcuni giovani profughi provenienti principalmente dalla Siria. Con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan il Papa ha lodato la “generosa” opera di accoglienza del Paese di “una grande quantità di profughi” e ha sottolineato che “la comunità internazionale ha l’obbligo morale di aiutarla nel prendersi cura” di loro.