Legge elettorale o voto per il nuovo presidente della Repubblica. Questione di priorità e su questo il patto del Nazzareno finisce in rissa. Con il presidente del Consiglio Matteo Renzi che risponde alle ultime uscite di Silvio Berlusconi e chiarisce: “Berlusconi è al tavolo, ma non dà più le carte”. Aggiunge e spiega: “Ha dato le carte per 20 anni. La storia dirà se ha fatto bene o male”. Insomma, se il Cavaliere punta dritto al Colle, il premier vuole stare ai patti (Italicum prima di tutto). Tanto basta per scatenare le reazioni dei fedelissimi del Cavaliere. Inizia Altero Matteoli, senatore di Forza Italia. Dice: “Berlusconi non dà più le carte al tavolo della politica italiana? Renzi si illude che il suo giochino mediatico senza risultati concreti possa durare. Se procede ancora per un po’, promettendo e non mantenendo, mentre il Paese va alla deriva, è inevitabile che Berlusconi ritorni lui a dare le carte, su mandato degli elettori. E, visto che nessun altro ne è stato capace, ne saremo felici”.
Berlusconi ha dato le carte per 20 anni. La storia dirà se ha fatto bene o male
E se la posizione non fosse abbastanza chiara, ecco le parole di Renato Brunetta, presidente dei deputati di Fi: “Inqualificabile e vergognoso il comportamento del premier. Ancora una volta Renzi preferisce andare nell’ennesima trasmissione televisiva, a fare l’ennesima sfilata mediatica, invece che presenziare, ma in veste di presidente del Consiglio dei ministri, alla discussione ed al voto finale sul provvedimento più importante dell’anno, la legge di stabilità”. Va avanti: “Questo comportamento inaccettabile la dice lunga sul rispetto delle istituzioni e della vita democratica e parlamentare del Paese da parte di un presidente del Consiglio mai votato dai cittadini italiani e che tiene in piedi il suo scricchiolante governo grazie a 148 deputati abusivi avuti con un premio di maggioranza giudicato illegittimo dalla Corte Costituzionale. Renzi inqualificabile, spudorato e anche vergognoso”. Insomma è guerra aperta. Dichiarata anche.
Renzi si illude che il suo giochino mediatico possa durare
Tutto inizia il 29 novembre 2014 quando il Corriere della Sera pubblica un’intervista di Berlusconi nella quale il Cavaliere dice: “Sono partigiano e partigianamente penso che prima venga l’elezione del presidente della Repubblica e poi vengano le riforme”. Poche parole per terremotare il patto del Nazareno. La posizione dell’ex presidente del Consiglio conferma le voci del palazzo che lo descrivono al lavoro per avere prima di tutto garanzie sulla partita del Colle, dopo l’addio di Giorgio Napolitano. Il Cavaliere va oltre e accusa il Pd renziano di avere “modificato il patto in corso d’opera” e siccome “il Paese vive una situazione preoccupante” bisogna “mettere subito in sicurezza la massima carica dello Stato con una scelta condivisa per garantire un minimo di equilibrio e – mi permetto di aggiungere – di credibilità istituzionale” . Fissato il punto, ecco il totonomine. In testa, per l’uomo di Arcore, c’è Giuliano Amato.
La risposta di Renzi non si fa attendere. Arriva dalle colonne di Repubblica. “Non esiste che Berlusconi chieda questo, l’Italicum è in aula da dicembre e lui è impegnato con noi a dire sì al pacchetto con la riforma costituzionale entro gennaio. Io resto a quel patto. Ho un unico nome: Giorgio Napolitano. Non apro una discussione finché il capo dello Stato è al suo posto”. La discussione poi dai quotidiani si sposta in televisione. E così sempre oggi durante la trasmissione di Lucia Annunziata su Rai3, Renzi rincara la dose, ribadendo che prima di ogni altra cosa c’è la legge elettorale e poi tutto il resto. Quindi chiude: “Berlusconi non dà più le carte”. Parole che scatenano la rissa.
In tema di riforme, poi, a domanda se farle assieme con il Movimento cinque stelle, Renzi risponde: “Se sono disponibili a scrivere con noi le regole, tutta la vita”. Il presidente del Consiglio ha aggiunto una valutazione sulle espulsioni degli esponenti del Movimento 5 Stelle, spiegando che “quello che accade nel M5S non sarà senza conseguenze per la legislatura. Grillo aveva un calcio di rigore da battere, poteva cambiare l’Italia. Ha scelto di non far giocare i suoi, li ha lasciati tutti in panchina”. Infine, un accenno ai fuoriusciti del Cinque stelle: “Non credo che verranno a ingrossare la maggioranza”.