Anche quest’anno è arrivato il primo di dicembre. Questa data è riconosciuta come la Giornata mondiale per la lotta all’Aids. Tutti gli anni un appuntamento fisso. E di questo non so se sentirmi soddisfatta o essere critica. Dovessi seguire il mio istinto, io che vivo quotidianamente la sieropositività, varrebbe più la seconda di ipotesi che la prima. Una volta ogni 365 giorni si ricorda che questa piaga è ancora tra noi, mentre per il resto si continua come nulla fosse, con i soliti stili di vita e le vecchie abitudini.

Ma in fondo è giusto così. Nessuno può pretendere che le persone abbiano costantemente nella testa questo pericolo e condizionino ogni loro gesto come fosse un ultimo atto di protezione verso il dilagare dell’epidemia e l’ampliarsi del numero dei casi di infezione. Ma purtroppo è così. Anche se oggi si parla più di Ebola e in queste ore ancor più di un vaccino anti-influenzale che sembra fare più danni che dare benefici, tutti i dati ci dicono che l’Aids è in continua crescita e che ogni anno aumenta il numero dei sieropositivi, con delle specificità dalle città ai luoghi d’Italia, più a rischio di altri.aids1 675

Gli ultimi numeri diffusi dicono che spetta a Milano il triste primato di città con il maggior numero di casi di Aids nel nostro Paese. Lo ha denunciato nel 2012 l’Asl cittadina e non ho evidenze per dire che questo scenario sia mutato in due anni. Anzi, in Italia ci sono circa 4 mila infezioni l’anno e questo numero si mantiene costante da almeno un decennio. Ebbene, incrociando questi due tristi e preoccupanti elementi non si può che affermare che nella mia città, nel capoluogo lombardo, contro il dilagare dell’infezione da Hiv, è stato fatto poco e sicuramente siamo di fronte ad un’emergenza per nulla rientrata e contro la quale occorre mantenere barriere forti.

Come ha ricordato sempre l’Asl, sfiorano quota 9 mila i casi di Aids a Milano, mentre si stima che in Italia le persone sieropositive per Hiv siano almeno 165.000, delle quali più di 22.000 con sindrome da immunodeficienza acquisita conclamata. La metà dei soggetti Hiv positivi ignora il proprio stato arrivando tardivamente alla diagnosi di infezione. Nella mia città, quindi, dovrebbe essere attivata una campagna ben più incisiva, sia per incentivare i cittadini a fare il test Hiv, che per diffondere buone pratiche che contrastino la diffusione del virus, come osteggiare i rapporti occasionali o non protetti.

Come denunciato dal Centro Operativo Aids dell’Istituto Superiore di Sanità, nella città di Milano ci sono, in media, 3 infezioni al giorno. Tra i nuovi casi c’è la ripresa dell’infezione tra i giovani gay, ma il rischio riguarda anche gli eterosessuali: secondo l’Istituto superiore di Sanità, infatti, tra il 1985 e il 2012, le infezioni tra gli etero sono passate dal 1.7% al 42.7%. Secondo gli esperti, in questi casi, il circuito parte dal maschio che infetta la partner dopo rapporti occasionali.

Non bisogna certo avere sempre in mente lo spettro della possibilità di contrarre il virus, ma vorrei che gli italiani e a questo punto, in modo particolare, i miei concittadini, avessero ben presente che parliamo di una malattia per nulla passata; di una malattia che con le mode non ha nulla a che fare e che purtroppo non è invecchiata, anche se di lei – con campagne pubblicitarie davvero incisive e ottimi prodotti cinematografici (si veda il film Philadelfia) – si parlava soprattutto nei lontani anni ’90. L’Aids è viva e purtroppo gode di ottima salute!

Di fronte ai numeri e alle proiezioni che arrivano da Milano, che sembrano più quelle di un bollettino di guerra, serve puntare sulla ricerca e sull’informazione, anche nelle scuole. Ma dove sono i fondi necessari per far questo e dove sono i progetti che dovrebbero renderlo attuabile?

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