Le ferite sul corpo di Marco Pantani sarebbero compatibili con una caduta, proprio come stabilito dopo l’autopsia sul corpo del Pirata. Sono queste le prime informazioni che trapelano dai risultati delle analisi disposte dalla Procura di Rimini e svolte dal medico legale Franco Tagliaro. I magistrati dovranno valutare, adesso, se ripetere anche gli esami tossicologici. La nuova perizia è stata ordinata a causa delle numerose incongruenze che lasciano ancora molti dubbi sia sull’orario che sulle dinamiche che hanno portato alla morte del campione di Cesenatico. Prima incongruenza: il fax inviato due giorni dopo la scoperta del corpo al magistrato di Rimini, Paolo Gengarelli, da parte del medico legale, Giuseppe Fortuni. Il dottore stabiliva che il ciclista sarebbe morto intorno alle 17 del 14 febbraio 2004, versione poi smentita dall’autopsia sul corpo di Pantani che, invece, individuava tra le 11.30 e le 12 l’orario del decesso. Tutto bene, fino a quando un filmato della scientifica girato all’interno della camera del Pirata, inizialmente ignorato dagli investigatori, ha mostrato l’orologio del campione fermo alle 4.55 (o 16.55), un particolare che si ricollegherebbe alla prima perizia effettuata dal dottor Fortuni. Seconda incongruenza: le ferite sulla testa di Pantani. Mentre dalle prime analisi emerse che le contusioni potevano essere la conseguenza di una caduta, gli esami di parte ordinati dalla famiglia e svolti dal professor Francesco Maria Avato parlano di “ferite sul corpo di Marco Pantani (che) non sono autoprocurate, ma opera di terzi”. Incongruenze che hanno portato la procura a optare per una nuova perizia che, lunedì, ha confermato la prima versione: le ferite sono compatibili con una caduta.
Intanto, cinque poliziotti che erano in servizio nel 2004 alla Squadra mobile della Questura di Rimini e che indagarono sulla morte del Pirata annunciano querele contro tutti coloro che hanno diffuso “notizie gravemente lesive” della loro reputazione. Sabatino Riccio, Giuseppe Lancini, Daniele Laghi, Vladimiro Marchini e Walter Procucci, questi i nomi degli agenti, fanno sapere tramite i loro legali che “non pare più possibile rimanere silenti e soprattutto continuare a tollerare un linciaggio mediatico che ha assunto proporzioni inaccettabili e che appare alimentato da strumentali e apodittiche ricostruzioni dei fatti, spesso accompagnate dalla diffusione di fatti manifestamente travisati”. Le novità emerse negli ultimi mesi riguardo alla morte di Marco pantani e la conseguente nuova inchiesta della Procura di Rimini che, adesso, segue la pista dell’omicidio volontario, hanno fatto sì che siano “piovute sugli inquirenti della Squadra Mobile di Rimini, che all’epoca indagarono sulla morte del celebre ciclista, accuse di ogni tipo circa lo svolgimento di molteplici atti di indagine”. Gli avvocati parlano di “gogna mediatica” che ha portato alcuni investigatori ad un “profondo stato di amarezza, ampiamente mitigato della consapevolezza di aver svolto con senso del dovere, impegno e speditezza i delicati accertamenti di polizia sulla morte di Marco Pantani”.