Abolire la legge Mosca del 1974, che prevede un regime contributivo agevolato per chi ha lavorato per partiti politici, sindacati, istituti di patronato e associazioni del movimento cooperativo. E’ l’obiettivo di una proposta di legge del Movimento 5 stelle, firmata da Walter Rizzetto e incardinata in commissione Lavoro alla Camera. La relazione illustrativa spiega che la legge ha garantito a 35.564 persone di andare in pensione senza aver versato contributi sufficienti. Risultato: un costo complessivo per le casse pubbliche di “oltre 25mila miliardi di lire, ossia 12,5 miliardi di euro“, e la sottrazione all’Inps di “contributi versati ai fini pensionistici da coloro che realmente avevano prestato attività lavorativa”. Non solo: secondo i deputati pentastellati la legge è viziata fin dalle fondamenta “poiché è stata proposta dall’onorevole Giovanni Mosca, sindacalista della Cgil, per favorire partiti e sindacati”. Di conseguenza ha “rappresentato un palese caso di conflitto di interessi“. Tra i beneficiari della legge ci sono infatti molti nomi noti della politica e del sindacato, da Armando Cossutta (Pci) a Ottaviano del Turco (Psi), da Sergio D’Antoni (Cisl) a Franco Marini (Dc e Ppi) fino al presidente della Repubblica ed ex leader del Pci Giorgio Napolitano.
“A causa degli inadeguati criteri previsti per l’attribuzione del contributo previdenziale”, inoltre, “ha determinato una moltitudine di procedimenti giudiziari poiché ha permesso il riconoscimento di anni di ‘falsa’ attività lavorativa a molti di coloro che ne hanno beneficiato”. Valga come esempio il processo contro 111 lavoratori ‘fittizi’ di Pci, Dc, Cisl e Legacoop, “accusati di aver usufruito della pensione garantita dalla legge Mosca senza aver mai prestato attività lavorativa, rispettivamente, presso partiti, sindacati e cooperative”.
La relazione illustrativa spiega poi che, nonostante l’ultima proroga risalga a 35 anni fa, la legge può ancora “produrre effetti nei confronti dei lavoratori che abbiano fatto domanda di regolarizzazione entro il termine fissato da ultimo dalla legge del 1979 e non abbiano ancora avuto accesso al pensionamento”. È chiaro che si tratterebbe di una platea molto limitata, considerato che dall’entrata in vigore sono trascorsi 40 anni e “i soggetti in attività all’epoca hanno potuto accedere al pensionamento con requisiti contributivi e anagrafici ben inferiori a quelli attualmente vigenti”. Ma, secondo il M5S, al di là della portata degli esborsi futuri “una legge che nel tempo si riveli illegittima non può e non deve restare vigente nel nostro ordinamento”. Di qui la proposta di fare chiarezza cancellandola definitivamente.