C’è una protesta silenziosa, di cui nessuno parla, che si agita nella pancia del Palazzo. La chiamano la rivolta dell’«Allegato B», dal titolo dell’omonimo documento interno della Camera dei deputati al quale sono legati i loro destini. Contiene l’elenco dei lavoratori alle dipendenze dei gruppi parlamentari di Montecitorio, assunti con contratti a tempo determinato in scadenza ad ogni legislatura, che in molti casi dopo reiterati rinnovi, rischiano ora, in tempi di spending review, di essere messi definitivamente alla porta.

I CONTI NON TORNANO. Stufi di essere additati come «privilegiati e raccomandati», chiedono da mesi alla presidente Laura Boldrini, all’Ufficio di presidenza e al Collegio dei questori di procedere ad una verifica dei nominativi inclusi nell’elenco. A oggi 294 in tutto, rispetto ai 513 di inizio legislatura. Ma qualcosa, nei conti, evidentemente non torna. «Perché in realtà sono circa 150 i dipendenti effettivamente contrattualizzati», precisano dall’Associazione Allegato B, che raccoglie parte dei lavoratori assunti dai gruppi parlamentari. E gli altri? Cosa ci fanno ancora nella lista? E’ la stessa Associazione, del resto, a definire «improbabili» alcuni di quei nomi. Come quelli dei nati prima del 1940, che hanno superato da un pezzo l’età pensionabile. O, ancora, quelli di chi, dopo una breve esperienza alla Camera (utilizzata in alcuni casi come un parcheggio dai partiti politici), lavora ormai altrove, ma che pure figura ancora in quell’elenco. Anche per questo, ad inizio legislatura, si era deciso di dare una bella sfoltita. Con due successive delibere, l’Ufficio di presidenza di Montecitorio aveva dato, innanzitutto, una sforbiciata ai contributi (precedentemente ad personam e ora forfetizzati ad importo fisso) previsti per questa tipologia di assunzioni, fissando anche il tetto massimo di un dipendente ogni sei parlamentari. Non solo. Ha anche imposto di «ridurre progressivamente il numero dei nominativi inseriti nell’Allegato B» limitandone l’accesso solo a chi svolge una reale attività lavorativa.

UNA VITA DA PRECARIO. La seconda delibera ha poi modificato anche il rapporto tra numero dei dipendenti e dei deputati. Stabilendo che «a decorrere dalla XVIII legislatura, il numero di deputati appartenenti a ciascun Gruppo (in rapporto a ciascun dipendente, ndr) è incrementato di 6 unità a seguito di ogni rinnovo della Camera dei deputati». Cioè da un dipendente ogni sei deputati (quota attuale), ad uno ogni dodici. «E uno ogni diciotto dalla Legislatura ancora successiva. Insomma un vero e proprio massacro», sottolinea una dipendente ex Allegato B che preferisce restare anonima. L’Associazione che li riunisce ricorda però che, in quell’elenco, ci sono anche «padri e madri di famiglia, molti con un’età anagrafica oramai avanzata che impedirebbe di ricollocarsi facilmente» anche tenuto conto che «l’esperienza e la professionalità acquisita in ambito parlamentare non è spendibile altrove». Si tratta di personale indispensabile per i gruppi parlamentari. Dei 150 “regolari”, la maggior parte si occupa di attività legislativa. Sono loro, in pratica, a scrivere tutti gli atti, dalle interrogazioni alle mozioni, dagli emendamenti alle proposte di legge, dalle risoluzioni agli interventi in aula, che portano la firma degli onorevoli. Per il resto addetti stampa e personale di segreteria oltre a qualche amministrativo impiegato nelle tesorerie dei gruppi.

UNA GUERRA TRA POVERI. L’ultimo appello è partito la settimana scorsa con l’ennesima lettera. Inviata sempre agli stessi destinatari: la Boldrini, l’Ufficio di presidenza e i Questori. «Prendiamo atto che Vi accingete a deliberare sul futuro dei dipendenti della Milano 90 (la società dell’imprenditore Scarpellini proprietaria dei Palazzi Marini, sede in affitto degli uffici dei deputati che la Camera ha disdetto, ndr), circa 400 lavoratori – e relative famiglie – a rischio di rimanere, per una serie di scelte e vicissitudini, senza stipendio, senza lavoro, in altri termini per strada. Nulla in contrario se riuscite a trovare una soluzione», si legge nel testo vergato dall’Associazione. «Abbiamo anche preso atto della Vostra intenzione di inserire nell’Allegato B i collaboratori con decreto in scadenza dell’ex Presidente Bertinotti. Nulla in contrario, anche in questo caso», prosegue la missiva. «Ci chiediamo, tuttavia, se e quando sia Vostra intenzione prendere in considerazione anche la nostra situazione. Anche noi siamo lavoratori precari, anche noi abbiamo famiglie a cui provvedere», ribadisce. Insomma, sembra l’inizio di una guerra tra poveri. Con il rischio, concludono i precari dell’Allegato B, che «occupandosi di una questione (la Milano 90, ndr) e tralasciando l’altra» si discrimini tra «precariato di serie A e di serie B». Insomma, un’altra guerra tra poveri alle porte.

Twitter @Antonio_Pitoni

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