Secondo il pg di Milano Piero De Petris, che aveva chiesto la conferma della condanna a 7 anni della sentenza di primo grado, il leader di Forza Italia "dettò" una "ben precisa disposizione" e quando telefonò al capo di gabinetto. Inoltre era a conoscenza della minore età della ragazza marocchina
Per i giudici della corte d’Appello di Milano non ci fu concussione sulla Questura di Milano e Silvio Berlusconi non sapeva Ruby fosse minorenne. Contro questa assoluzione la Procura generale si è appellata. L’allora premier, secondo l’accusa, diede un “vero e proprio ordine” ai poliziotti per ottenere il rilascio della una minorenne marocchina nella notte tra il 27 e il 28 maggio 2010, quando la 17enne, più volte ospite delle serate ad alto tasso erotico di Arcore, era stata portata in via Fatebenefratelli.
Secondo il pg di Milano Piero De Petris, che aveva chiesto la conferma della condanna a 7 anni della sentenza di primo grado, il leader di Forza Italia”dettò” una “ben precisa disposizione” e quando telefonò al capo di gabinetto Pietro Ostuni “non manifestò alcun ‘desiderio’ ma dettò invece, in forma asciutta e allo stesso tempo chiara, una ben precisa disposizione, il cui nitido significato è così compendiabile: in Questura era stata portata una giovane nordafricana, segnalatagli come nipote di Mubarak, la quale doveva essere consegnata alla consigliera parlamentare Minetti”.
La natura “cogente” dell’ordine impartito da Berlusconi, un vero e proprio “dictum”, secondo il pg, “venne immediatamente compresa da Ostuni che, sempre come ordine, la trasferì alla Iafrate”, funzionario della Questura. Per sottrarsi “all’esecuzione dell’ ordine” di rilasciare Ruby e affidarla a Nicole Minetti, il capo di gabinetto della Questura di Milano, Pietro Ostuni, non aveva “altro mezzo” se non “quello di sbugiardare di fatto il presidente del Consiglio” sulla presunta parentela con Mubarak, ma ciò avrebbe comportato il “rischio di ritorsioni, con pregiudizio per il proseguo della sua carriera lavorativa di pubblico funzionario del ministero dell’Interno”.
La conoscenza della “minore età” di Ruby era “da tempo patrimonio comune di quell’ambiente femminile che gravitava attorno alle ‘serate di Arcore”, come dimostra il “tam-tam” che si scatenò quando venne portata in Questura e “più partecipi” del cosiddetto bunga-bunga si attivarono per “notiziare Berlusconi”. Anche l’ex premier, che in un “simile ambiente era immerso come primo e principale fruitore”, era “da tempo a conoscenza” che la ragazza era minorenne. E poi era “soprattutto interesse di Fede”, che per primo la vide nell’ormai famoso concorso di bellezza in Sicilia, “dare notizie della minore età” di Ruby a Silvio Berlusconi, “rimettendo” a lui poi “ogni decisione in merito ad una sua partecipazione alle serate”. Il pg, infatti, in primo luogo fa notare che “al tempo costituiva notizia di dominio pubblico la frequentazione di giovane donne minorenni da parte di Berlusconi”. E poi chiarisce che Emilio Fede, il quale dal “sistema” prostitutivo delle serate di Arcore “traeva vantaggio”, aveva tutto l’interesse ad informare l’allora premier del fatto che la ragazza era minorenne, perché ciò “avrebbe rafforzato il credito di benevolenza (anche economica) di cui godeva presso l’illustre amico”.