Nel ballottaggio il terzo premier consecutivo del Frente Amplio, la coalizione di sinistra al governo dal 2005, è stato eletto con il 53,6% dei voti. L'oncologo si è pubblicamente opposto a molte delle riforme del predecessore, come la legalizzazione dell'aborto e la produzione e distribuzione della marijuana di Stato
Tabaré Vazquez, oncologo di 74 anni, è il nuovo presidente dell’Uruguay, il terzo premier consecutivo del Frente Amplio, la coalizione di sinistra al governo a Montevideo dal 2005, dopo aver battuto con il 53,6 per cento lo sfidante del Partito Nazionale (o “blanco”) Luis Lacalle Pou, il giovane astro nascente della destra, con un vantaggio di oltre 10 punti nel ballottaggio disputato domenica. Anche se dello stesso partito di José ‘Pepe’ Mujica, presidente molto amato e famoso all’estero per il suo stile di vita austero, e per aver legalizzato la marijuana, l’aborto e i matrimoni gay, finisce comunque un’era, visto che l’orientamento del nuovo presidente è più centrista e meno radicale.
Questa vittoria rappresenta inoltre un notevole risultato per il Paese sudamericano e un notevole successo personale per questo oncologo che non ha mai smesso di esercitare la sua professione anche durante il primo mandato, che è stato il primo presidente della storia dell’Uruguay non proveniente dai cosiddetti “partiti tradizionali”, il “blanco” e il Partito Colorado (“rosso”). Smentendo le previsioni dei sondaggi, Vazquez – accompagnato nel ticket presidenziale da Raul Sendic, il figlio omonimo del fondatore dei Tupamaros negli anni ’60 – ha inoltre garantito al Frente Amplio la sua terza maggioranza consecutiva nelle due camere del Parlamento, un altro record storico, nelle elezioni politiche svoltesi contemporaneamente al primo turno delle presidenziali, lo scorso 26 ottobre.
La vittoria di Vazquez consolida così l’appoggio popolare al Frente Amplio, che ha associato politiche di solidarietà e riforme di stampo progressiste con una politica economica rigorosa e ortodossa, mantenendo le distanze sia dal cosiddetto asse bolivariano –Venezuela, Bolivia, Ecuador e Nicaragua – che dal Brasile di Lula e Dilma e l’Argentina dei Kirchner. Tuttavia Vazquez arriva a questo secondo mandato in circostanze molto diverse dal primo. Nel 2005 l’Uruguay stava uscendo dalla peggiore crisi economica della sua storia, mentre oggi, dopo 10 anni di boom economico, non ci sono nubi all’orizzonte che minacciano questo stato di cose dall’esterno. Le principali sfide saranno sul fronte interno, visto che la società uruguayana è molto divisa. Ecco perché ha già annunciato che convocherà un grande incontro anche con gli altri partiti, per disegnare l’Uruguay del futuro, dove le vere priorità sono rappresentate dal sistema educativo e la sicurezza, su cui il neo-presidente ha annunciato investimenti e riforme.
Ma i problemi principali Tabaré Vazquez ce li avrà probabilmente all’interno del suo partito, il Frente Amplio, che ha la maggioranza in entrambe le camere, e che potrebbe, in parte, mostrare un atteggiamento critico o ostilità in quanto il cambio politico con Mujica sarà comunque visibile. Vazquez, che rappresenta l’anima ‘centrista’ del Frente, si è pubblicamente opposto a molte delle riforme di Mujica, come la legalizzazione dell’aborto e la produzione e distribuzione della marijuana ‘di Stato’.
Acerrimo nemico del tabacco, fiero di aver fatto dell’Uruguay la prima “nazione libera dal fumo” in America Latina, Vazquez ha ammesso che considera “incredibile” che la cannabis possa essere venduta nelle farmacie del Paese l’anno prossimo, e ha avvertito che è pronto a bloccare la riforma se i risultati non saranno quelli previsti dal governo. Inoltre, il Senato, dove ci saranno Mujica e i leader dell’opposizione, diventerà la ‘cucina’ del Parlamento, la vera Camera di negoziazione. Mujica sarà quindi l’ago della bilancia, anche se ha già fatto sapere, che ricoprirà il ruolo di senatore solo per metà legislatura, lasciando il resto del tempo lo scranno al suo supplente, l’ex presidente dell’Instituto de Colonización, Andrés Berterreche.