Del delitto compiuto dall’utente facebook sostenuto, nell’assassinio commesso, da centinaia di like, se ne parla un po’ ovunque con toni che, purtroppo, tendono sempre nella stessa direzione. In poche abbiamo tentato di inserire nel discorso pubblico parole che ricerchino una sintonia collettiva per realizzare una campagna culturale di prevenzione e sensibilizzazione. Parecchie persone, invece, hanno seguito la solita strategia deresponsabilizzante, alla ricerca di nuovi mostri da schedare, da mettere alla gogna pubblicamente, da perseguire perfino penalmente, come se mettere in galera, oltre all’assassino, tutte le persone che mettono un like a un orribile “sei morta troia” risolvesse qualcosa.
La gara, come al solito, è al linciaggio delle singole persone, come se questo rappresentasse una soluzione e dunque bisogna spiegare, ancora una volta, che non è con il giustizialismo che si risolvono queste cose. Serve un’analisi, che vada oltre la linea di governo sollecitata a promuovere altre leggi dure contro il femminicidio. L’analisi parte da questo: una legge contro il femminicidio è già stata fatta e come si può vedere non serve a niente. Chi chiede altre leggi non ha ben capito, secondo me, quanto e come sia complicato cambiare la cultura di un paese in cui gli assassini di donne, fino a pochi decenni fa, contavano sull’assoluzione per questioni d’onore.
Cambiare quella cultura non è semplice, e non c’entrano le separazioni, i divorzi, gli affidi dei figli, perché la ragione per cui una donna viene uccisa resta ancora da ricercarsi in una mentalità che non sopporta il fatto che le donne possano decidere qualcosa di diverso da quel che decidono i loro ex. Il punto è che alcuni uomini non riconoscono alle donne la libertà di scelta e questo dato emerge da quel che viene detto o scritto, talvolta, sugli stupri, sugli aborti, sulla sessualità lesbica. Una donna che non è libera di scegliere non può neppure lasciare un uomo senza beccarsi conseguenze persecutorie e violente.
E’ vero che tutto ciò non riguarda solo gli uomini, giacché le donne possono essere perfide e ugualmente fetenti nei confronti dei loro ex, ma questo dato viene usato per giustificare una più diffusa mentalità misogina e sessista che ha trasformato un pregiudizio di genere nella pretesa di giustificare un uomo che uccide la propria ex. Quell’uomo viene giustificato da parenti e amici, da conoscenti, attiva un meccanismo che procura una tifoseria su facebook, come l’accusato di stupro coinvolge tutto un paese per praticare bullismo e stalking contro la ragazza che l’ha denunciato. Siamo ancora fermi al “processo per stupro”, dove le prime a sostenere gli uomini di famiglia sono le donne che guardano ai propri figli come a innocenti creature da salvare dalle ‘zoccole’ che viaggiano per le strade in minigonna.
Capisco che tanti di voi vivano in città, separati dal mondo attraverso una porta che non vi consente di conoscere neppure il vostro vicino di pianerottolo, ma l’Italia è molto più arretrata di quel che pensate. L’Italia è ancora quel posto in cui le donne devono pagare per lo sgarbo fatto ad un uomo e questa cultura non cambierà con nuove leggi, con la schedatura fascista di chi mette i like, con la violazione della privacy di chi dice sciocchezze su facebook, perché diventerebbe una caccia alle streghe, considerando il fatto che il mostro è tra noi, quella cultura viene veicolata da tutti e che se non si combatte culturalmente quella mentalità ci saranno altre Marie assassinate e altra gente che tiferà per i loro assassini. Vi prego, pensiamoci, senza lasciarci prendere, come al solito, dall’ansia sociale e dall’indignazione che smuove le viscere. A bocce ferme, se ne avete voglia.
Ps: e che nessuno mi dica che la colpa è di internet perché internet è lo specchio di quel che noi siamo.