“Era calmo, freddo, imponente, maestoso. I marinai si erano avvicinati e stavano alle sue spalle. Sovrastava il più alto di mezza testa. Rispose: ‘Faccio parte dell’equipaggio.’ Scandì le parole con sicurezza e decisione. Il tono profondo e sonoro della sua voce si diffuse sul cassero nitidamente. Era beffardo per natura, come se dall’alto della sua statura, avesse contemplato tutta l’entità della follia umana e si fosse convinto di voler essere tollerante.”
È stato pubblicato qualche mese fa in un’elegante edizione, con la traduzione di France Brea, per le edizioni Mattioli 1885, il racconto-romanzo breve Il negro del Narcissus di Joseph Conrad, l’opera (uscita per la prima volta nel 1897) che è considerata il punto di partenza della fase migliore dell’attività letteraria dello scrittore polacco naturalizzato britannico.
Si tratta di un’avvincente e avventurosa storia di mare dove però è possibile leggere, tra le righe, un’allegoria sui temi della solidarietà e dell’isolamento. Il protagonista è James Wait, un marinaio negro delle Indie occidentali imbarcato sul mercantile Narcissus che deve percorrere la tratta tra Bombay e Londra. Durante il viaggio, Wait (chiamato da tutti Jimmy) viene colpito dalla tubercolosi, probabilmente contratta prima di imbarcarsi, e la sua malattia lo porta a ricevere le attenzioni di molti dei membri dell’equipaggio, alcuni dei quali lo salvano a rischio della loro vita durante una devastante tempesta al largo del Capo di Buona Speranza, e a subire l’indifferenza di altri, tra cui il Capitano Alistoun, i suoi ufficiali e il vecchio e rodato marinaio Singleton, completamente concentrato sulle proprie mansioni sulla nave.
Il Narcissus rappresenta, in scala ridotta, un estratto della società umana, o meglio, della visione che di essa aveva Conrad. Il microcosmo dell’imbarcazione è una “nazione” dove angosce, vendette, atti di incredibile solidarietà, incomprensioni, forza di volontà si susseguono, a volte sovrastandosi, a volte trovando una sinergia insperata. L’autore suggerisce che la solidarietà non è altro che un sentimento strettamente personale e che la troppa sensibilità verso chi soffre, soprattutto in momenti di alto rischio sociale (magnifiche in questo senso le pagine dedicate alla tempesta che sta per far affondare la nave) può essere negativa per il mantenimento di un corretto ordinamento sociale.
In questo affresco marinaresco emerge l’antipatia di Conrad (sviluppata ne L’agente segreto e Sotto gli occhi dell’occidente) per gli uomini che non riescono a scendere a patti con le regole. Qui tutto il suo astio è racchiuso nelle gesta del vile, spregevole e volgare Donkin, uno scansafatiche egoista, insofferente ai regolamenti che la vita su un mercantile impone, dotato di un fascino sinistro e distruttivo tanto da convincere gli altri marinai a provocare un ammutinamento, per poi nascondersi e farsi da parte quando il Capitano Alistoun ristabilirà l’ordine.