Per il rapporto sulla gestione dell'immondizia in Sicilia la raccolta differenziata è ferma poco sopra al 10 per cento. E nei termovalorizzatori resta posto per smaltire altre 1,5 milioni di tonnellate di rifiuti che potrebbero arrivare dai territori che ne sono privi o non sono autosufficienti
La discarica è ancora la forma di smaltimento preferita dalle regioni a rischio ecomafie. E’ quanto emerge dal rapporto Ispra-Federambiente sulla gestione dei rifiuti in Italia che ilfattoquotidiano.it è in grado di anticipare. Dal rapporto si evince anche un altro dato piuttosto significativo, specie alla luce delle norme recentemente approvate con il decreto Sblocca Italia: nei termovalorizzatori italiani, localizzati prevalentemente al nord, c’è posto per smaltire altre 1,5 milioni di tonnellate di rifiuti che nei prossimi mesi potrebbero arrivare dalle regioni prive o comunque non autosufficienti dal punto di vista degli impianti di trattamento.
Ma nel giorno in cui l’Italia viene condannata alla multa record di 40 milioni di euro per non essere stata capace, dalla condanna avvenuta nel 2007 ad oggi, di mettersi in regola sulle discariche, salta gli occhi il fatto che regioni come la Sicilia abbiano praticamente la stessa percentuale di ricorso alla discarica di Paesi come la Romania. Mentre, sempre nell’isola, la raccolta differenziata è ferma poco sopra al 10 per cento, la peggiore performance nazionale. Poco sopra ci sono Calabria (14,7 per cento), Molise (19.9), Puglia (22), Basilicata (25,8), Lazio (26.5) e Liguria (31.5). Le Regioni migliori sono invece Veneto e Trentino con il 64,6 per cento di raccolta differenziata, seguite da Friuli Venezia Giulia (59.1), Piemonte (54,6) e Lombardia (53,3). Ma anche in questi casi si tratta di un risultato più che deludente se si pensa che la legge italiana imponeva già per il 2008 il raggiungimento di quota 45 per cento, mentre per il 2012 l’asticella era fissata per tutti al 65.
I termovalorizzatori operativi sul territorio nazionale sono in tutto 45, di cui 28 al nord dove sono anche quelli con una capacità di smaltimento più importante: si tratta degli impianti di Brescia, Milano e Torino che, con l’impianto campano di Acerra (gestita però dalla lombarda A2a) rappresentano il 34,5 per cento del totale della capacità complessiva a livello nazionale. In tutto hanno smaltito nel 2013 5,8 milioni di tonnellate, mentre hanno una capacità teorica di trattamento per 7,3 milioni. La differenza tra le due cifre è coperta quasi integralmente dagli impianti del nord che dunque sono i principali indiziati per accogliere i rifiuti dalle altre regioni, anche se è presto per parlare di un rischio invasione dal sud, come pure temono gli amministratori regionali che hanno lanciato l’allarme all’indomani dell’approvazione del decreto Sblocca Italia. Resta l’opzione di riattivare i 7 impianti attualmente non operativi, come nel caso del gassificatore di Roma. O di costruirne dei nuovi.
Ma la prima carta da giocare sembra quella di utilizzare quel che c’è. “Per realizzare, come ci chiede l’Europa, l’autosufficienza nazionale nella gestione dei rifiuti urbani – si legge nel rapporto – risulta necessario in prima istanza far ‘lavorare’ gli impianti al limite del carico termico autorizzato consentendo agli stessi di ricevere rifiuti urbani provenienti da altre regioni”. Ciò vuol dire che il rapporto in questione fornirà al governo i dati utili a stabilire quale sia l’effettiva capacità degli impianti attualmente in funzione e quelli da realizzare per coprire il fabbisogno residuo in modo da “attuare – si legge ancora nel documento – un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell’autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore nonché limitare il conferimento di rifiuti in discarica”.