Un po’ come se fosse un’abbreviazione di “eccetera”, un po’ come il suono onomatopeico fumettistico dello starnuto. Qualcosa piena di numeri in successione che si aggrovigliano passandosi il testimone e quell’entrata non prevista, quella sorpresa che spariglia improvvisa, quel colpo che fa girare la testa o impaurire, allarmare, divertire nella sua straordinarietà. Perché lo starnuto, quando arriva, arriva. Senza preavviso.
Così come il circo. Meglio se è contemporaneo, che non prevede gabbie né domatori, fiere feroci ammaestrate ed ammansite in cattività ma neanche trapezisti che rischiano l’osso del collo solamente per la meraviglia ed il ludibrio di un pubblico sempre più morboso della sfida (mai propria) alla morte, al destino. Né vertigini né bocche pronte a divorare uomini con giacche improbabili, solitamente, e non sappiamo perché, rosse e gialle con lustrini e pon pon pendenti in stile majorette. Ma la gente è ancora affascinata ed innamorata del grande circo, quelle delle prese forti degli Zampanò, quello fisico russo, quello acrobatico cinese, ma anche quello europeo, in primis Francia, Germania e Spagna, con quel mix di colori e ironia, tecnica e sarcasmo, suspense e giochi.
Se pochi mesi fa a Firenze si è consumata la rassegna Cirk fantastik ancora con il sapore dell’estate addosso, adesso a Roma, per un mese dal 6 dicembre al 6 gennaio all’auditorium Parco della Musica, è l’ora di Eccì. El Grito Christmas Circus all’inconfondibile aroma di Babbo Natale e renne, di slitte e abeti imbiancati. Perché il Circo è strettamente connesso alla festa ed alle feste. Il Circo sa di famiglia, di genitori e bambini: naso all’insù per tutti, a mostrare i denti ma solo per sorridere, con le rughe d’espressione per lo stupore o le risate. Diciassette spettacoli, selezionati dal direttore artistico Giacomo Costantini, provenienti dall’Italia ma anche dal Belgio come da Francia e Canada, per quarantacinque repliche complessive all’interno dello chapiteau (il grande tendone portabile e smontabile; ne costruiscono oltralpe per una cifra che si aggira sui 200.000 euro) della compagnia, appunto, El Grito.
Una miscela di strumenti musicali e clown, di gag e cadute come di una grande perizia verticale, soprattutto i tessuti che volteggiano in aria, che si srotolano come filo di Arianna, come lingua di drago. Scarpe larghe, fiori colorati e piccoli incidenti, rincorse e capriole, scivolate e battibecchi, schiaffi finti il tutto immerso in un mondo psichedelico e cromatico dove la fantasia diventa la norma, ed un pizzico di follia non guasta mai.
Gli Jashgawronsky Brothers (animano spesso il festival Mercantia a Certaldo Alto in Toscana) nome difficilissimo che ricorda il giornalista corrispondente Rai, usano oggetti comuni, soprattutto casalinghi, da acchiappini a catini, da attaccapanni a pentole e tutto risuona come una vera e propria orchestra accordata e mai stonata. I Betti Combo sono appena reduci dalla vittoria del festival mondiale del circo di Demain a Parigi e di un analogo premio a Bilbao. Dall’Italia gli spettacoli Meglio tarde che mai, concerto e magia, Ruma del Ponentino Trio rendono omaggio alla Città Eterna attraverso canzoni immortali, Milo & Olivia (passati svariate volte dall’internazionale “LuglioBambino” a Campi Bisenzio).
Dal Belgio la compagnia La RuspaRocket con La Geste, dal Canada Andréanne Thiboutot, ancora tricolore invece con Simone Romanò, il clown-dj Andrea Fidelio in bicicletta, il Circo Puntino o I Circondati, oppure La Sbrindola, termine maccheronico dialettale coniato da Monicelli e soci in Amici miei. Molto interessanti anche le esondazioni di El Grito e del circo contemporaneo che si mischia e si contamina con la musica d’autore dei Tete de Bois e di Ambrogio Sparagna, con le parole d’inchiostro e le pagine dei Wu Ming. Il circo è passione comprensibile ad ogni latitudine.
Parco della Musica, Roma