Era aprile di quest’anno quando Matteo Renzi annunciava l’open governement e dichiarava di voler “mettere online ogni centesimo di spesa pubblica”. E poi che cosa è successo? Navigando sul sito del governo (www.governo.it) alla pagina “Amministrazione trasparente” si scopre che i dati pubblicati sono parziali. Non è disponibile – per esempio – il decreto che prevede il tetto di spesa dei ministri senza portafoglio per pagare i rispettivi collaboratori. E ancora, tanti sono gli stipendi in via di definizione e in corso di registrazione.

Boschi, Madia, Lanzetta, le tre Marie. Nella sezione relativa agli incarichi e stipendi di staff dei ministri e sottosegretari del sito dell’esecutivo, non v’è traccia del decreto firmato dal Segretario generale della Presidenza del consiglio, Mauro Bonaretti, che fissa il budget da destinare agli “uffici di diretta collaborazione dei ministri senza portafoglio”. Nell’anno in corso sono stati messi a disposizione ben 4 milioni di euro per l’assunzione di personale. E solo per mantenere gli staff delle tre ministre, Maria Elena Boschi, Maria Anna Madia e Maria Carmela Lanzetta, Palazzo Chigi prevede 3,2 milioni. Per il sito, il dicastero Boschi ha in dotazione uno staff di quattro unità che raggiunge appena i 200mila euro. Ilfattoquotidiano.it è in grado di rivelare che il governo le ha staccato un assegno di 1milione e 500mila euro. Più di un terzo della spesa per la “diretta collaborazione”, quindi, va alla Boschi, renziana di ferro e ministro delle Riforme e dei Rapporti con il Parlamento. Non è dato sapere, per esempio, il compenso del Segretario particolare del ministro, Marco Rivello, perché il suo incarico, si legge, è in corso di registrazione. Dagli uffici del ministro rispondono che “il dicastero Boschi, che raccoglie tre ministeri prima separati, a fine anno, risparmierà 300 mila euro e costerà 1,2milioni di euro anziché 1,5 milioni stanziati”.

Dal ministero della Boschi la promessa: “Spenderemo solo 1,2 milioni sugli 1,5 stanziati

Al secondo posto per limite di spesa troviamo Marianna Madia, ministro della Semplificazione della pubblica amministrazione che dispone di 1 milione di euro, ma dichiara di aver un ufficio di “diretta collaborazione” di cinque persone, pagate complessivamente circa 350mila euro. Un dettaglio: nell’elenco dei collaboratori della Madia manca il trattamento accessorio di Bernardo Polverari, Consigliere parlamentare e capo di gabinetto.

Infine c’è Maria Carmela Lanzetta, titolare del dicastero per gli Affari regionali, cui viene fissato un limite di 700mila euro che, sebbene di tutto rispetto, è molto inferiore a quello delle sue giovani colleghe. La spesa totale per retribuire i sette collaboratori dichiarati sul sito dal ministro Lanzetta, ammonta a 400mila euro, di cui la metà è destinata al capo di gabinetto Luigi Fiorentino.

E allora riepiloghiamo: del budget di 4 milioni per pagare il personale restano 800 mila euro spartiti tra i vari sottosegretari: Marco Minniti, con delega alla sicurezza della Repubblica (400mila); Luca Lotti (100mila) e Sandro Gozi (100mila) rispettivamente delegati alla Comunicazione e alle Politiche europee. Infine ci sono i sottosegretari dei ministri senza portafoglio, Gianclaudio Bressa, Ivan Scalfarotto, Sesa Amici, Luciano Pizzetti e Angelo Rughetti che un portafoglio ce l’hanno, ed è di 200mila euro complessivi.

Ca(s)sa Delrio, indennità superiori allo stipendio. Discorso a parte per la segreteria di Graziano Delrio. I limiti di spesa fin qui riportati escludono il suo staff. Dai dati pubblicati nella sezione “Trasparenza” risulta l’ufficio più costoso di Palazzo Chigi. Per mantenere otto collaboratori, di cui solo uno a titolo gratuito, si spendono circa 550mila euro l’anno, contro i 380mila spesi dal premier Renzi, che conta nove consiglieri a titolo gratuito. A percepire di più sono il Capo della segreteria tecnica Maurizio Battini (107mila), il Referendario Gabriella Salone (110mila), il Portavoce Luisa Gabbi (95mila) il Capo della segreteria particolare Umberto Spadoni (89mila). Poi c’è Francesco Maria Pizzetti con un’indennità di 20mila euro.

Nello staff di Delrio le indennità superano gli stipendi. E il totale sale a oltre 80mila euro

Anche nell’ufficio del Sottosegretario alla presidenza del Consiglio si registrano alcune anomalie. Nel suo personale figurano il consigliere per le Attività parlamentari, Antonio Gallo e l’assistente per i “rapporti con il Segretario generale”, Lucia Parisi. Il loro è un trattamento davvero speciale: percepiscono, in aggiunta allo stipendio base un’indennità equivalente o addirittura superiore alla busta paga. Gallo somma al suo trattamento economico di funzionario della presidenza del Consiglio, 45mila euro, anche un’indennità di diretta collaborazione di 39 mila, totalizzando uno stipendio di 84mila euro. E Lucia Parisi, dipendente del ministero dell’Economia e delle Finanze con 33 mila euro, per tenere in contatto Delrio e Mauro Bonaretti, distanti pochissimi metri l’uno dall’altro, aggiunge un’indennità pari a 50mila euro, cioè 17mila in più dello stipendio già erogato dal Mef. Cosi, anche la Parisi guadagna 83 mila euro. Quindi, Gallo e Parisi, pur non essendo dirigenti, godono di un’equiparazione di fatto ai ruoli di vertice.

Gli stipendi più alti e quelli ancora da determinare. Il più pagato di Palazzo Chigi è Mauro Bonaretti, Segretario generale della presidenza del Consiglio e uomo di fiducia di Delrio. Per lui è applicato il compenso massimo: 240mila euro. Stesso compenso vale per il capo della Protezione civile Franco Gabrielli. Quindi, la toscana Antonella Manzione, alla guida del Dipartimento affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi, fedelissima di Renzi che ha uno stipendio annuo di 207mila euro e Raffaele Tiscar, vice Segretario generale (198mila).

Palazzo Chigi ha anche un fotografo ufficiale. Ma lo sripendio è “da determinare”

Invece, tra i diretti collaboratori del premier, scorrendo l’elenco pubblicato ai sensi della legge sulla trasparenza, troviamo lo stipendio di 169mila euro del portavoce Filippo Sensi, che guadagna oltre la metà della spesa dell’intera struttura del portavoce – Ufficio stampa, formato da 4 persone, e che ammonta a 330 mila euro. Ma a questo computo va aggiunto anche il trattamento economico di Tiberio Berchielli, fotografo ufficiale e concittadino di Renzi, per il quale lo stipendio, si legge, è ancora tutto da determinare. Sappiamo soltanto che il suo ruolo è quello di “Esperto”.

Il personale del Dap, trattenuto da Manzione in barba alla legge. Infine, c’è il dipartimento affari giuridici e legislativi guidato da Antonella Manzione, ex capo dei vigili urbani di Firenze, braccio destro di Matteo Renzi. Negli uffici della Manzione ci sono tre dipendenti del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria).  Secondo una legge votata dal Parlamento quest’estate, i 22 agenti in servizio presso la presidenza del Consiglio avrebbero dovuto lasciare il posto e l’indennità per rientrare nei ranghi di appartenenza. Oggi, dopo tre mesi, gli agenti della polizia penitenziaria, nonostante sia stato ordinato il rientro, sono ancora negli uffici del Governo. Anche per volere del Capo del legislativo, Antonella Manzione. Ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare una lettera riservata, indirizzata al Segretario generale Bonaretti, in cui si assiste al tentativo della Manzione di trattenere il personale del Dap in servizio presso i suoi uffici a Palazzo Chigi che, per legge, dovrebbero tornare alle dipendenze del ministero della Giustizia.

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