“Senza finanziamenti pubblici si lavora meglio. Magari chi sta in amministrazione non è della stessa opinione, ma sapere che si possa contare solo sulle proprie forze e sull’apprezzamento dei lettori, migliora l’indipendenza e il lavoro dei giornalisti”. Ne è convinto il condirettore de il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, ascoltato oggi in audizione informale alla Commissione Cultura alla Camera, come primo di una serie di esperti che verranno convocati nell’ambito della proposta di legge recante l’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria. “Immagino di essere qui – dice Travaglio – a nome di un giornale che si è portato avanti, abolendo i finanziamenti pubblici da solo. Li considero un aiuto di Stato per le testate che il mercato non farebbe sopravvivere. E’ utile cancellarli, ma all’interno di una politica generale che riveda anche il conflitto di interesse che tanta stampa ha penalizzato”. Travaglio poi sul tavolo mette anche “forme di finanziamento occulto come l’obbligo di pubblicare i bandi per le gare pubbliche sui giornali: è una violazione della libera concorrenza – dice – e una turbativa del mercato, perché sono tutti introiti solo ai grandi giornali”. Ma allora, chiede Giuseppe Brescia (M5S) “come può intervenire la politica?”. L’informazione, incalza Roberto Rampi (Pd), “è un servizio o un prodotto? Come può essere libera, soprattutto a livello locale, se dipende solo da investitori privati? E se deve conquistare lettori, come assicurarsi che anche ciò che non va di moda possa avere voce? “In questo paese – domanda, invece, Giancarlo Giordano (Sel) – si può scrivere una regola semplice, che chi si interessa di politica non può possedere un giornale?”.
“I giornali di partito – risponde Travaglio – non sono giornali, non interessano a nessuno e non si capisce perché si debbano tenere aperti certi carrozzoni per dar voce a un leader quando esistono i siti web. A il Fatto Quotidiano – prosegue – non siamo più bravi di altri. Siamo più fortunati, perché siamo nati dopo l’inizio della crisi e ci siamo ridimensionati in piccolo, sapendo che in grande saremmo scomparsi. E’ più facile essere indipendenti quando non si deve chiedere di aprire un pò di più il rubinetto. Tutto dipende dall’indipendenza dell’editore e del direttore”
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