Avevo già spiegato in un post preistorico su ifattoquotidiano.it che l’idea della società unica della rete (ottica, a banda ultra larga, chiamatela come volete) è un’idea stravagante ma, come si dice…a volte ritornano. E, guarda caso, l’idea – come un potente fiume carsico – riaffiora sempre nelle menti dei politici. Oggi riemerge con riferimento ad una evitabile polemica sulla possibile vendita di una piccola società di fibra spenta: la milanese Metroweb. Vediamo perché sì (per i politici) la rete unica e perché assolutamente no (per la gente).
Perché sì la rete unica? Rete unica significa neo-monopolio nelle telecomunicazioni e questo apre tante interessanti prospettive (si fa per dire). La Cassa depositi e prestiti ci mette tanti soldi, gli operatori se la spartiscono e, siccome investono poco o nulla di proprio, stanno tutti zitti. È vero che l’inefficienza di un monopolio farà sì che i prezzi al cliente siano alti e la qualità dei servizi discutibile, ma che importa? Sono soldi degli altri, da quelli dei correntisti postali (le nonnine) a quelli della fiscalità generale (il solito pantalone). Per non parlare delle gare pubbliche, dei posti in consiglio di amministrazione e dei patti scellerati industria-politica il cui esito è ben noto e non occorre tornarci su.
Davvero un bell’affare la rete unica, per lorsignori, si intende. Ricordate una ventina d’anni fa, con il monopolio? Quando chiedevate una linea e dovevate aspettare anche due anni per averla, salvo naturalmente raccomandarvi al politico di turno o al boiardo amico dell’amico? Ecco, preparatevi a godere dei vantaggi di un nuovo monopolio per la moderna rete ottica (che non avrete): questa volta il revival consiste in un monopolio pubblico-privato “con tutti dentro” lietamente e perennemente assisi in riunioni di “condominio della rete” dove nulla si decide, salvo – s’intende – quando qualcosa è di interesse unanime all’allegra brigata. Nessuno in Europa ha scelto questa strada per fare la rete ottica ma, ciò nonostante, in Italia da anni se ne parla…con forchetta e coltello in mano.
Per carità, dite di no a questo nuovo banchetto a vostre spese! E ora vediamo…
Perché no la rete unica? La risposta sarebbe semplice: perché abbiamo scelto da quindici anni la concorrenza nelle telecomunicazioni e non c’è un solo motivo al mondo per tornare indietro, specie se il monopolio pubblico di una volta dovesse diventare concertazione di politici e operatori mezzi italiani e mezzi esteri (con i soldi vostri). Ma c’è di più, e va spiegato, perché nell’odierna Italia della disinformazione, politici, giornalisti ed opinion-makers evitano accuratamente di raccontare alla gente come stanno davvero le cose. Proviamoci.
Esistono ormai numerosi studi internazionali indipendenti (ossia – tradotto – lavori di studiosi non al soldo degli operatori ma ricercatori seri di Università estere prestigiose) che hanno dimostrato, inequivocabilmente e dati alla mano, che il modo più rapido e più efficiente per un Paese di portare la rete ottica di nuova generazione alle case è alimentare la concorrenza infrastrutturale fra gli attori di mercato, ossia fra gli operatori (altro che “condominio della rete”!). Si trovano facilmente dati quantitativi di due categorie, di cui cito a titolo di esempio solo due lavori molto documentati, uno per tipo, noti da tempo nella letteratura scientifica (sono in inglese, forse per questo non troppo noti ai nostri politici):
Il primo lavoro, di studiosi belgi dimostra che la penetrazione del broadband è cresciuta rapidamente ove gli operatori sono in competizione con reti proprie e che ogni forma di concorrenza sui servizi e sulla stessa piattaforma si rivela poco efficace per stimolare la diffusione dei servizi di qualità fra i cittadini.
Il secondo lavoro, di studiosi austriaci è più recente e particolarmente importante perché si riferisce proprio alle reti di nuova generazione. I ricercatori arrivano a conclusioni convergenti con quelle dei colleghi belgi ma affermano anche qualcosa in più. Anche per promuovere la banda ultra larga (oltre 30 Mbit/s) la strada maestra è mettere gli operatori in concorrenza, stimolando lo sviluppo di infrastrutture proprie (altro che “rete unica gestita da tutti insieme”!) . Particolarmente importanti le conclusioni sul ruolo del regolatore nazionale. Si vede chiaramente, sulla base delle analisi econometriche, qual è il ruolo del Regolatore (da noi Agcom). Se questi impone un insieme di regole molto rigide, lo sviluppo della rete si ferma; viceversa per fare crescere l’ultra broadband più in fretta, il Regolatore deve adottare una politica di “light touch”, con pochi e mirati interventi, senza intrudere fortemente sul mercato. Solo così gli operatori investono e i cittadini hanno prima la rete di nuova generazione.
Altro che rete unica! Altro che nuovo monopolio con tanti portaborse della politica nel Cda!