Sul regionale del pomeriggio, per tornare a casa. Attraverso una meticolosa narrazione di piccole stazioni, che mi porta dal luogo dove lavoro fino a casa. Dal Salento verso la terra di Bari. Il treno, mea culpa, lo uso raramente. La modernità ha compresso la nostra percezione dei tempi, ha velocizzato le nostre abitudini in chiave efficientista. Con la macchina si fa prima, si possono fare più cose. Chi ha tempo non perda tempo. E altre bugie moderne.
Invece, eccomi sul mio binario. Il treno va relativamente piano. Sotto la linea gotica è difficile trovare treni velocissimi come Italo o altre diavolerie per pendolari di serie A, figuriamoci sotto la linea dei trulli.
Alzo lo sguardo dal giornale che avevo portato con me per tenermi occupato e mi accorgo che la prospettiva del viaggiatore del regionale è in qualche modo privilegiata. Poco oltre, l’unica arteria stradale che porta da Bari a Brindisi e Lecce. Abitata da auto, veloci come insetti; ecco lo scenario meraviglioso del mare Adriatico. Più vicino, ecco i nostri immancabili muretti a secco, magistralmente decorati delle pale dei fichi d’India. E gli edifici bianchi e maestosi delle masserie.
Poi guardo le notizie e mi imbatto nella classifica delle città per qualità della vita, pubblicata dal Sole 24 Ore. Cerco le città di Puglia. Bari al novantunesimo posto, Lecce al centesimo. Ma come? abbiamo una simile, pessima qualità della vita e poi, d’estate, non riusciamo nemmeno ad entrare in posti come Polignano, Trani, Gallipoli, Otranto, per quanto son pieni di turisti, italiani e stranieri. Non riesco davvero a dare risposta a questo mio interrogativo. Trovo Ravenna al primo posto. Il dato è ragionevole. La città delle magnifiche chiese paleocristiane. Poi trovo Milano e Bologna, attestate al settimo e all’ottavo posto. Ci può stare. Sono grandi città. Beati loro. Ma Lecce al centesimo posto non riesco proprio a spiegarmela. Cerco di interpretare a ritroso i criteri in base ai quali tale classifica possa esser stata redatta. L’articolo che la riporta è avaro in tal senso, ma mi pare facile spiegarmi che forse tengano conto delle infrastrutture, la sanità pubblica, le scuole, le università e via discorrendo.
Alzo ancora lo sguardo e mi ritrovo ad Ostuni: la città bianca, su una collina che preannuncia da sud il grande altopiano delle Murge. Una città di case bianche dal fascino antico, abitata da gente di grande ospitalità. Scorro ancora la classifica della qualità della vita 2014 e rilevo che tutta la prima colonna è occupata da città del centro-nord. Penso tra me: che figuraccia noialtri del sud.
Qualche minuto dopo freniamo a Cisternino. Qui inizia la Valle d’Itria, un piccolo paradiso verde nel cuore della Puglia. Vi si trovano incastonati gioielli di bellezza unica come Locorotondo e Martina Franca. Oltre alla celebre Alberobello.
Poi apro il portatile. Nelle campagne la chiavetta dati funziona a intermittenza. Si spegne la connessione dati e si accende il pensiero, che rimbalza in lungo e in largo, passando dal lavoro agli affetti domestici. In auto tutto questo non accade. E’ pur vero che per fare 150 km ci sto mettendo due ore e passa. Però che paesaggi, quante emozioni rivissute in questo percorso ferrato.
A quel punto cerco altre notizie relative alle classifiche e mi imbatto, stavolta, nella classifica del Sole 24 Ore di qualche tempo fa, che riporta i dati della criminalità nelle nostre città.
Ecco la tabella. il download va un po’ lento, ma alla fine ci siamo…con la dovuta calma. Ecco le solite due colonne. Mi preparo al peggio e cerco la splendida Napoli e la mia Bari in cima alla classifica. Ho come una tara psicologica, un cattivo presentimento, così ben preparato da fiction, cronaca e formazione scolastica…
Aspè aspè… qualcosa non quadra neanche stavolta. Milano, Rimini, Bologna, Torino sono le città a più alto tasso di criminalità. Ma come? Bari così in basso? Ma come? Le guide inglesi che dicevano di non girare per Bari vecchia con le videocamere in vista per il rischio scippi? e Mo’? Napoli al trentaseiesimo posto già nel 2011? Che poi, l’accoglienza migliore l’ho sempre trovata a Napoli, ma questo è un altro discorso.
E poi Ravenna, nella classifica 2012, all’ottavo posto. Qui qualcosa non torna. Ancora. Sullo stesso giornale, due classifiche così opposte in tempi così ravvicinati, che riportano dati che trovo in qualche modo inconciliabili. È evidente che il dato criminalità deve essere stato statisticamente “ponderato” in modo meno rilevante rispetto ad altri. Mi riservo di indagare meglio, ma, nel frattempo, penso d’esser proprio stufo di queste classifiche.
Credo che la qualità della vita sia un dato decisamente soggettivo. Ne parlo con una cara amica giornalista, il giorno dopo. La quale suggerisce che, forse, queste classifiche andrebbero stilate con criteri diversi, forse più difficilmente misurabili, eppure assai più pertinenti in termini di “qualità”: quanto si ride in questo posto? Qual è il livello di convivialità della gente in quest’altro posto? E come si mangia? Certo, la qualità della vita non è un parametro eterodiretto come il Pil…