Negli ultimi ventidue anni, dal 1992, Giampaolo Rugarli ha pubblicato addirittura quindici titoli, uno ogni uno-due anni. Una prolificità straordinaria per un grande scrittore. Ma nessuno se n’è accorto: editori minori, silenzio sui giornali, critici distratti. E’ dunque positivo che almeno la notizia della sua morte, a 82 anni, e la sua sontuosa e irritante biografia umana e letteraria siano esaltate come “fatto del giorno” in particolare dalle due più importanti testate quotidiane italiane. Positivo e clamorosamente significativo: quelli come Rugarli, specie se straordinari e corrosivi intellettuali, mai proni, scomodi per il potere (letterario ma anche accademico, giornalistico e politico), sono com’è noto buoni da dipartiti.
Si sa il destino degli intellettuali animati da un incontenibile spirito critico: brillanti speranze da giovane, rompicoglioni da adulti e venerabili maestri da anziano. Rugarli non è stato una speranza da giovane, avendo fatto il bancario (come il “gemello diverso” Giuseppe Pontiggia) sino ed oltre i cinquant’anni, e non è stato venerato come maestro da anziano, ma anzi isolato, escluso e ignorato da editori, editors, premi letterari, pagine letterarie ecc. ecc.. Dopo i primi libri, alcuni proprio folgoranti, che lo avevano imposto nel giro dei grandi editori (Garzanti, Adelphi, Mondadori, Rizzoli…), facendogli quasi vincere lo Strega e il Campiello, e soprattutto inserendolo di prepotenza nel novero di “corone” quali Gadda, Sciascia e Volponi, il nostro Rugarli, pur “pieno di gesti di gentilezze e di deferenza” (Citati) e dotato di stile umano “ossequioso e deferente” (Di Stefano), aveva cominciato a pagare pesantemente la sua schiena dritta, la sua malcelata insofferenza per gli opportunisti, gli scalatori, i prepotenti e in definitiva gli “uomini di Potere” che animano e dominano l’editoria italiana, storicamente orfana di corrette logiche di mercato, anzi semplicemente estraneo al “mercato” con i suoi difetti e le sue virtù, ma tutta salotti, relazioni, cortigiani, amici degli amici…
Basti dire che gli ultimi suoi dodici libri – fra il comico-satirico e il grottesco – li ha pubblicati sotto una sigla come la Marsilio non priva di vecchia dignità, ma comprata e inglobata da tempo da un grosso editore (Rizzoli), periferica, inessenziale, gestita stancamente: dodici libri di cui non sa niente nessuno o quasi. Eppure, in questi libri, quelle che sembrano a volte “fantasticherie visionarie” alla Gadda erano in realtà denuncia politica, in cui l’indignazione prendeva la forma del grottesco, e persino visione profetica. Simbolicamente, la notizia della sua scomparsa è su giornali che pubblicano le rivelazioni sulla “mafia capitale”, con fascisti, ex-terroristi, ladri, amministratori corrotti ecc., ecc., che suggerisce strette analogie con le pagine de “La troga” (da lui pubblicata nel 1988) su una Roma “con la vocazione alla cancrena”.
Speriamo che chi ha ucciso per oltre vent’anni lo scrittore Rugarli, almeno ora che l’uomo Rugarli, il “rompicoglioni”, ha tolto il disturbo, sappia e voglia concedergli l’onore delle armi, riconoscendogli il tributo che merita e consentendogli di completare e inaugurare una nuova figura di intellettuale critico: bancario da giovane, bella speranza da adulto, rompicoglioni da adulto e venerato maestro da dipartito.
Ciao Giampaolo.