Il Consiglio regionale ha approvato la legge che prevede lo stanziamento di fondi per pagare gli arretrati degli ex dipendenti delle miniere del Sulcis, con il solo voto contrario del rappresentante di Fratelli d'Italia
Ci sono 5,5 milioni di euro per pagare gli stipendi dei dipendenti dell’ex Igea. Sono state così parzialmente soddisfatte le richieste delle donne che il 28 novembre hanno occupato la miniera di Carbonia Iglesias, nel sud della Sardegna, chiedendo i compensi e la creazione di un valido piano di rilancio della partecipata dalla Regione. Il Consiglio regionale ha risposto approvando la legge che prevede lo stanziamento di fondi per pagare gli arretrati degli ex dipendenti delle miniere del Sulcis. La protesta dei lavoratori, però, non si fermerà e l’occupazione andrà avanti almeno fino alla mattina di giovedì, quando in assemblea si deciderà se interrompere la mobilitazione o protrarla fino a quando la Regione non presenterà un piano di rilancio aziendale.
Il governatore della Sardegna, Francesco Pigliaru, ha definito la risoluzione (non approvata solo dagli esponenti di Fratelli d’Italia) “una proposta di emergenza” che rappresenta il primo passo della Giunta per “mettere ordine nel disordine delle partecipate regionali“. E’ proprio dal riordino delle aziende legate agli enti locali che il presidente vuol ripartire: si tratta di una “situazione che non può proseguire” e che è dovuta “a una certa parte della politica che si pone come imprenditore. Una vocazione dietro alla quale si nasconde la gestione del potere e di posti di lavoro pagati con i soldi pubblici”. Una situazione che, continua Pigliaru, non può però ricadere sulle spalle dei “lavoratori incolpevoli, perché è causata da una politica che guarda a soluzioni di breve periodo“.
La decisione arriva a sei giorni dall’occupazione delle miniere Igea da parte degli ex dipendenti che, nella notte del 28 novembre, si sono introdotti nell’impianto di Carbonia Iglesias. “Non ci pagano gli stipendi arretrati e non si vuole creare un serio piano di rilancio”, denunciavano le donne a capo dell’occupazione. “Noi non abbiamo paura – si leggeva nella nota con la quale le lavoratrici annunciavano la mobilitazione all’interno della miniera – Tale azione apparentemente simbolica ha lo scopo di pretendere che l’azionista, quanto prima, si assuma le proprie responsabilità con atti finalmente concreti finalizzati al rilancio aziendale. L’iniziativa da parte delle donne nasce dalla volontà di volere far emergere le difficoltà che quotidianamente si trovano ad affrontare come madri, compagne, mogli e lavoratrici sfatando il luogo comune secondo cui alle donne tradizionalmente era precluso l’accesso al sottosuolo”.