Cultura

Chicago Boys: capitalismo e prostitute sul palco. “L’Italia precipita. Diritti persi”

Renato Sarti, regista e attore del Teatro della Cooperativa di Milano, svela i segreti dello spettacolo cult – in scena fino al 6 dicembre - nato da un cortometraggio sulla privatizzazione voluto da Report. “Ad un miracolo economico corrispondono schiavitù e miseria per la popolazione? Sì!"

di Elisa Murgese

Uno spettacolo che nasce dieci anni fa, quando Milena Gabanelli commissionò, per la trasmissione Report, un cortometraggio sul tema della privatizzazione. I venti minuti di quel video si svilupparono nello spettacolo teatrale Chicago boys, ispirato al gruppo di economisti che, negli anni Settanta, si formò sotto la guida di Milton Friedman, teorico della teoria neoliberista. Soli in scena un finanziere capitalista (Renato Sarti) immerso in una vasca d’acqua putrida, e la sua escort russa (Elena Novoselova) in una sorta di conferenza per adescare nuovi adepti tra il pubblico. Repressioni di piazza, torture, accordi dopo il trattato di Kyoto, patti sulla gestione dell’acqua. Tutte storie vere proiettate sul palco come sadico ritratto del mondo attuale. Come racconta il regista e attore protagonista Renato Sarti.

Dopo i soldout degli scorsi anni, perché riproporre Chicago Boys?
Perché mettere in evidenza la presenza di una finanza canaglia che manovra le redini del gioco è un tema centrale in un Paese, come l’Italia, che sta precipitando. Nello spettacolo sono fisicamente immerso in dell’acqua putrida e rappresento la finanza mondiale. La domanda è:  alcuni processi economici sarebbero stati possibili senza torture e arresti di massa? La nostra risposta è che imporre la liberalizzazione senza desaparecidos e colpi di Stato sarebbe come chiedere a una stampella di camminare da sola.

“Ad un miracolo economico corrispondono schiavitù e miseria per la popolazione? Sì!”. Chicago Boys si apre con questa frase. Ma la popolazione come dovrebbe reagire?
Non lo so più. I movimenti sindacali e politici che hanno determinato grandi conquiste per i diritti umani e dei lavorativi si sono spaccati. In Italia, ad esempio, non stiamo perdendo tutti i diritti. Basta pensare al boom economico, che sempre è stato fatto sulla pelle degli operai. Mio padre lavorava all’Ilva di Trieste. Non è un caso che sia finito alcolizzato. Perché lavorare in quelle fabbriche era un inferno.

Entrando a sbirciare tra le regole della setta “composta da otto milioni di individui che detengono oltre il 99% della ricchezza del pianeta”, cosa hai visto?
Sanno di fare del male e lo fanno. Quando i grandi economisti giocano in borsa con i generi di prima necessità, sanno di giocare con la pelle della povera gente. C’è una sorta di gusto dell’horror. Basta ricordare la vicenda di Victor Jara, musicista cileno politicamente impegnato. I golpisti prima gli spezzarono le dita per impedirgli di suonare, e poi gli sparano due colpi. L’uomo ha una componente malvagia.

Esiste una via per opporsi ai Chicago Boys?
L’educazione e la cultura sono le armi primarie, ma hanno bisogno di un lavoro lungo e quotidiano. Se un ragazzo ha fatto teatro o imparato a suonare uno strumento musicale, anche se domani farà l’elettrauto sarà comunque un cittadino migliore. La cultura è una delle poche arti che abbiamo. Io sono nato in un quartiere proletario di Trieste. E’ stato il teatro a salvarmi.

E’ ancora vivo il teatro civile a Milano?
Se il teatro non ha un ruolo civile, che teatro è? Milano ha sempre avuto una grande tradizione come teatro pubblico. Certo, oggi si deve anche considerare l’influenza della tv e il fatto che gran parte del pubblico si è abitato a ricevere solo puro intrattenimento. Abbiamo anche dei livelli di finanziamento bassissimi, non solo per i teatri ma in generale per tutta la cultura. E fa male capire quanto l’Italia non sappia amare le sue meraviglie.

Nel 2001 sei stato tra i fondatori del Teatro della Cooperativa. Cosa significa aprire un teatro in un quartiere periferico come Niguarda?
E’ stata una scelta molto più importante perché siamo sempre abituati a vedere la periferia in senso negativo. Invece questo quartiere ha una storia nobilissima di sindacalismo e lotta operaria. Il problema è continuare ad avere una visione della città come “centro”. Ad esempio, la cosa migliore per vigilare un territorio è viverlo. Nel nostro caso, avere sempre un teatro con una luce accesa. Giorgio Strehler diceva che come ci sono l’acqua e i trasporti pubblici, così ci deve essere anche il teatro per tutti. Si deve proseguire questa idea di teatro.

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