“L’Italia sarà la guida dell’Europa”, aveva promesso Renzi a luglio, assumendo per sei mesi la guida dell’Unione. Ed è stato di parola. Non che il merito sia suo, anzi: lui è appena arrivato, ben altri sono i protagonisti di questa irresistibile ascesa, a destra, a sinistra e al centro. È stata dura, ma dopo anni d’impegno indefesso ce l’abbiamo fatta: siamo il paese più corrotto del continente. L’ambìto riconoscimento arriva da Transparency International, che pubblica l’annuale Corruption Perception Index con le valutazioni degli osservatori internazionali sul livello di corruzione percepita in 175 paesi del mondo. Nel 2014 l’Italia conferma la 69ª posizione conquistata nel 2013 nella classifica generale dei paesi meno corrotti, ultima nel G7 e nell’Ue, sbaragliando gli ultimi concorrenti che ancora osavano sopravanzarci, Bulgaria e Grecia, che ci raggiungono a pari merito, facendo il vuoto alle nostre spalle.
Ora, dopo avere sbaragliato anche Sudafrica, Kuwait, Arabia Saudita e Turchia, puntiamo al Montenegro e a São Tomé, che contiamo di superare quanto prima. Nel ringraziare le bande del Mose e di Expo per il fattivo contributo, resta il rammarico per il tardivo esplodere dello scandalo del Cupolone, i cui effetti benefici potranno farsi sentire solo nel 2015 (se no sai che performance). L’importante è che Renzi tenga duro, tenendo bloccate le leggi contro la corruzione, la frode fiscale, l’autoriciclaggio, il falso in bilancio, i conflitti d’interessi e la prescrizione. Ma il Patto del Nazareno col Pregiudicato regge e, se Dio vuole, ci darà presto un capo dello Stato che garantisca gli standard nazionali almeno quanto l’attuale. Preoccupa, questo sì, il persistere a macchia di leopardo di alcuni pm che – nonostante gli innumerevoli moniti a lasciar perdere – si ostinano a indagare sulla corruzione, privando il Paese dell’apporto di tanti “uomini del fare” dediti ad attività criminali che fanno girare l’economia e crescere il Pil.
Ecco perché, come giustamente chiedono Forza Italia, Ncd & galeotti vari, è tempo di por mano a una legge che limiti, o meglio proibisca tout court le intercettazioni: si sa che, intercettando un vecchio tangentista pluricondannato come Greganti o Frigerio o Maltauro (casi Mose ed Expo) o un ex esponente dei Nar e della Banda della Magliana o un condannato per omicidio (inchiesta Roma mafiosa), è inevitabile incappare in qualche sindaco o assessore o politico di destra, di centro e di sinistra. E poi diventa dura insabbiare tutto: quando hai i morti in casa, è già troppo tardi, i cadaveri puzzano e i vicini mormorano, mica puoi far finta di niente. Bisogna agire alla fonte, evitando di scoprire queste brutte cose. Lo spiegava l’altra sera a Ballarò il generale del Ros Mario Mori, purtroppo in pensione, rivendicando orgogliosamente la trattativa Stato-mafia del ‘ 92 con un giusto distinguo lessicale (“Non è stata una trattativa, è stato un baratto”): “Io ero la Polizia giudiziaria che stava facendo operazioni antimafia e quello era un mio compito. Io avevo il coraggio di andarci (dal mafioso Vito Ciancimino, ndr), nessun altro aveva il coraggio, erano tutti nascosti sotto alle scrivanie in quel periodo. Quella fatta con Ciancimino è una trattativa, però è una trattativa consentita dalla norma. Ciancimino era debole, sul suo capo s’addensava una serie di procedimenti che l’avrebbe portato sicuramente in galera, ci poteva dare qualche spunto e barattarlo con un trattamento migliore”.
Ecco, chi oggi pensa di tener dentro il camerata Carminati & C., prenda buona nota: questo deve fare una polizia giudiziaria che si rispetti in un paese moderno. Infischiarsene della Costituzione e delle leggi, tenere all’oscuro i magistrati e i vertici dell’Arma, e trattare anzi barattare con i criminali. Poi, naturalmente, evitare accuratamente di arrestarli e affidare loro le perquisizioni dei covi. Infine diventare generali, capi dei servizi segreti e, una volta in pensione, consulenti per la sicurezza del sindaco Alemanno (già…) e controllori della trasparenza degli appalti di Expo su incarico del governatore Formigoni (ri-già…). Altrimenti si perde la guida dell’Europa.
il Fatto Quotidiano, 4 Dicembre 2014