Dice che è “sgradevole tirarlo in ballo per una foto di quattro anni fa”. Spiega che “un uomo pubblico non per forza deve conoscere tutti”. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti in un’intervista al Messaggero cerca di difendersi, allontanare gli spettri. Fa dei distinguo.Smarca la sua posizione dal mare magnum criminale. Sarà. Restano comunque i dubbi e le tante perplessità. Occorrerebbe un solo gesto: le dimissioni. La foto impressiona. La tavola è imbandita. C’è chi chiacchiera, chi ride, chi stringe una mano in segno d’intesa, chi strizza l’occhiolino, chi sorride, chi sussurra parole all’orecchio. Sembra una normalissima cena di lavoro. E’ un fermo immagine, che disvela il “mondo di mezzo”. L’inchiesta è clamorosa e la conduce la Procura di Roma che non è più il “porto delle nebbie”.
Attorno a quel tavolo nel 2010 sono seduti proprio tutti: esponenti politici di destra e sinistra, assessori, consiglieri, manager, dirigenti, esponenti di clan e perfino un futuro ministro del governo Renzi: Giuliano Poletti, capo del Dicastero del Lavoro e allora dirigente della Lega Coop. Chiariamo Poletti non è indagato, non è coinvolto nell’inchiesta sulla Mafia capitale ma trasparenza vuole che il ministro – in queste ore – si fermasse a spiegare: in che rapporti era con quei personaggi? La Lega Coop che lui rappresentava ovvero le sue tante articolazioni erano in affari? Hanno usufruito delle amicizie del “mondo di mezzo” per accaparrarsi commesse pubbliche? I fatti sono di estrema gravità. La gente è stanca, disorientata, sfiduciata. Vedere il futuro ministro del Lavoro seduto allo stesso tavolo con quei commensali, chiacchierare affabilmente con gente come Salvatore Buzzi, secondo i magistrati, a capo della nuova Mafia capitolina insieme al sempre fascista Massimo Carminati, impressiona o quanto meno inquieta.
Sarebbe necessario che il ministro del Lavoro Poletti facesse un passo indietro, rimettendo il suo incarico. E’ una questione di opportunità, trasparenza e chiarezza nei confronti del Paese e dello stesso governo Renzi. Occorre con i fatti “Cambiare verso”. Chi sostiene che Poletti invitato alla cena organizzata da Buzzi attraverso la cooperativa, “29 giugno”, non sapesse nulla della “bella compagnia” risulta essere – a mio avviso – solo un’aggravante. Non sapere, non conoscere e non comprendere non solleva dalle responsabilità. Anzi getta ingombranti ombre sulla capacità reale dell’allora dirigente della Lega Coop di autosservare i soci e prevenire le criticità di sistema. Il mondo delle Cooperative come quello delle Fondazioni pone con urgenza al legislatore l’adozione di nuove norme urgenti per garantire trasparenza e correttezza delle pratiche. Su questo ci dovrebbe lavorare perfino l’autorità anticorruzione di Raffaele Cantone. Strutture che nascondono e costruiscono interessi forti; nella maggior parte parallele al potere. Vere e proprie cinghie di trasmissione di interessi all’interno degli apparati pubblici.
Molte sono le cose che non vanno. E’ una brutta storia. Buzzi è stato detenuto negli anni ’70 e ’80 per omicidio e nonostante questo la sua cooperativa era associata alla Lega Coop. Superficialità? Pressapochismo? Improvvisazione? Chissà. Sta di fatto che i “mondi di mezzo” emanano tanfa, sono viscosi, putridi e allo stesso tempo seducono. C’è poco da fare. Insomma il “povero” Poletti non è stato – quanto meno – lesto nel “leggere” chi si trovava di fronte. Una colpa grave anzi gravissima. Quell’associazione malavitosa inedita e pericolosa per livello di abilità nel penetrare nei diversi ambienti economici-istituzionali ha costruito ponti, cunicoli, entrature senza che nessuno se ne accorgesse. Il mondo non è per i marziani. Il pianeta Marte è lontano. Poletti non si è accorto di nulla, non sospettava di niente e più che altro, non si è mai chiesto chi erano i personaggi che l’attorniavano e perché?
Dalla clamorosa inchiesta giudiziaria emerge un Paese senza speranze, dilaniato, imploso. Il quadro è avvilente. Leggere le intercettazioni ambientali, i colloqui telefonici, ripercorrere quelle fitte trame di rapporti e relazioni davvero si ha la sensazione che ormai la metastasi abbia invaso il cuore, le membra, i muscoli dell’Italia. Caro ministro sarà anche sgradevole tirarla in ballo per una foto di quattro anni fa ma addirittura a maggio il pregiudicato Buzzi nel corso di un’assemblea della sua cooperativa la salutava con “Un augurio di buon lavoro al ministro, nostro ex Presidente nazionale che più volte ha partecipato alle nostre assemblee”. Troppa familiarità, cordialità, cortesia verso il capo di un dicastero sensibile e strategico per la cricca fascio mafiosa. Per questo e tanto altro (occorrerebbe indagare affondo nel mondo delle coop) le dimissioni del ministro del Lavoro dovrebbero essere – in un paese normale – un atto dovuto gradevole.
Twitter: arnaldcapezzuto