Le indagini sulla morte di Loris Stival si concentrano sempre di più sulla madre, Veronica Panarello. Non è indagata. Ma da un rapporto di carabinieri e polizia visionato dall’Ansa emerge che la sua auto la mattina dell’omicidio è stata immortalata da una telecamera a 50 metri dalla strada che porta a contrada Vecchio Mulino, il luogo dove è stato trovato il cadavere. I tasselli di quel sabato 29 novembre, messi insieme dagli investigatori, aumentano dunque i sospetti su di lei. L’ultimo riguarda un mazzo di fascette da elettricista compatibili con quella utilizzata dall’assassino per uccidere il bambino di 8 anni che sarebbe stato gettato nel canale di cemento ancora vivo. Veronica ne ha consegnato un sacchetto alle maestre del figlio che lunedì scorso sono andate a casa Stival per porgere le condoglianze. “Ve le restituisco, sono quelle che servivano per le lezioni di scienze”.
“Il papà di Loris, su pressioni della mamma, ci ha dato una confezione, aperta, di fascette di plastica bianche, sostenendo che sarebbero dovute servire al bambino nei lavori in classe proprio il giorno in cui era scomparso – racconta Teresa Iacona – siamo rimaste sorprese perché non avevamo mai chiesto di portarle, sono pericolose, e non era previsto il loro utilizzo a scuola”. Un episodio strano, a cui le insegnanti su due piedi non danno particolare peso. Anche se sono convinte che quelle strisce di plastica non siano mai state usate dai bambini, né per le lezioni di scienze né per qualche altra attività. Le maestre comunque consegnano tutto in Questura. La conferma della loro versione arriva dalla preside dell’istituto, Giovanna Campo.
Adesso però quell’episodio viene riletto sotto un’altra luce. Perché i nuovi esami medico legali (non ancora conclusi) sembrano aver fissato un punto fermo: prima di essere gettato nel canalone in contrada Vecchio Mulino, 4 chilometri da Santa Croce Camerina (Ragusa), probabilmente ancora in vita (come emergerebbe dalle analisi dell’autopsia scrive il Corriere della Sera), Loris è stato strangolato con una fascetta da elettricista. Una striscia di plastica che, una volta stretta non può più essere aperta se non con un coltello, un temperino o un paio di forbici. Ne è stato sequestrato un paio nella casa degli Stival e sopra sarebbero state trovate tracce organiche che verranno analizzate. Sul collo del bambino, infatti, è stata rinvenuta una ferita verticale, probabilmente compatibile con un taglio; e dei graffi forse causati dalla base zigzagata della stringa di plastica. Di più. Le fascette consegnate dalla madre alle maestre di Loris sarebbero compatibili con i segni trovati sul collo del piccolo. A dirlo sono i primi accertamenti della polizia Scientifica e del medico legale. Ma il responso non è ancora definitivo, gli esami sono in corso. Inoltre, quella utilizzata dall’assassino non è ancora stata ritrovata.
Un nuovo tassello, dunque, che si aggiunge ad altri punti oscuri di questo omicidio. Gli investigatori, coordinati dal procuratore di Ragusa Carmelo Petralia, stanno setacciando i filmati delle telecamere piazzate sul tragitto che la donna sostiene di aver fatto quella mattina da casa a scuola. La Polo nera di Veronica non viene mai inquadrata nell’orario indicato. La ragazza ha raccontato di essere transitata da via Giacomo Matteotti, nei pressi della scuola Falcone e Borsellino di via Fratelli Cervi, e di aver lasciato il figlio a poche decine di metri dall’ingresso dell’istituto. Ma tra le 8.30, l’orario in cui esce da casa insieme ai due figli e le 8.40, l’orario in cui un’altra telecamera riprende l’auto nei pressi della ludoteca dove verrà lasciato il figlio più piccolo di 4 anni, non c’è traccia del passaggio dell’auto. Che non viene catturata dalla telecamera comunale all’incrocio tra via Matteotti e piazza Unità d’Italia. Un punto dove la donna ha sostenuto di essere passata. Immagini che parlano, dunque, e raccontano un’altra verità: la donna non ha mai raggiunto la scuola come invece continua a sostenere.
I filmati vengono messi in fila per ricostruire quella mattinata, dal quale emerge un buco nero di 15 minuti nel racconto di Veronica. Negli altri video in possesso degli investigatori emergerebbe, infatti, che la 25enne esce di casa attorno alle 9.15-9.20 per raggiungere il castello di Donnafugata e partecipare al corso di cucina. Per raggiungere la tenuta si impiegano tra i 15 e i 20 minuti, ad un’andatura normale, come hanno verificato gli stessi investigatori. Veronica Panarello dovrebbe essere arrivata al corso, che cominciava alle 9.30, non più tardi delle 9.40. Mentre, stando invece alla testimonianza di un partecipante al corso, arriva alle 9.55. E quando arriva fornisce una giustificazione che investigatori e inquirenti definiscono “non richiesta”: “Scusate il ritardo – avrebbe detto – ho avuto dei problemi”.
Nuove immagini che si aggiungono a quelle di una telecamera di videosorveglianza poco lontana dalla casa di via Garibaldi degli Stival. In quei frame si vede il piccolo che torna verso casa. Forse dopo un litigio con la mamma. Perché, questo lo riferisce la stessa Veronica, “mio figlio non andava volentieri a scuola perché diceva che lo prendevano in giro. Da circa una settimana il bambino aveva manifestato l’intenzione di non andare più a scuola”. E quel sabato mattina il piccolo glielo disse nuovamente. “Loris – racconta la Panarello – non voleva andare a scuola ma voleva venire con me al castello ma io gli dissi di no perché avevo il corso”. Ma la lente degli investigatori si concentra anche sulle contraddizioni saltate fuori incrociando i due verbali riempiti dalla mamma la sera del 29 e 30 novembre negli uffici della Questura.
Video, incongruenze nei racconti ed episodi strani. Elementi che messi insieme gettano più di un sospetto sulla mamma di Loris. E poi c’è il suo passato fatto di trascorsi familiari difficili, sul quale i detective di carabinieri e squadra mobile stanno concentrando l’attenzione. Ma per ora l’unico indagato rimane Orazio Fidone, il 64enne che per primo ha scoperto il cadavere. Lei, Veronica, sostiene di “aver detto la verità. Quella mattina l’ho accompagnato a scuola”. Nuove indicazioni sul suo racconto e sul percorso compiuto quel 29 novembre potranno venire dall’esame del rilevatore Gps presente sulla sua Polo nera. Questa mattina i tecnici stanno cercando di accertare se è possibile estrapolare dati utili. La notizia, anticipata da La Sicilia, ha trovato più conferme. “La mamma di Loris ha autorizzato volontariamente l’acquisizione del Gps – spiega il legale della ragazza, l’avvocato Francesco Villardita – che era stato installato nella sua auto nell’ambito di un contratto stipulato con la compagnia assicurativa. Non è stato sequestrato, così come la Polo: è acquisita agli atti dell’inchiesta perché la mia assistita non è indagata. Ed è estranea ai fatti”.