Tesoro e Fondazioni bancarie hanno votato all'unanimità a favore della permanenza del manager alla guida di Cdp. Niente decadenza nonostante i magistrati di Trani gli contestino di aver fatto sottoscrivere derivati "truffaldini" quando era numero uno di Banca Caboto
La citazione in giudizio per truffa pluriaggravata non fa vacillare la poltrona di Giovanni Gorno Tempini. Venerdì l’assemblea degli azionisti della Cassa depositi e prestiti si è infatti espressa “con voto unanime” a favore della sua permanenza in carica come amministratore delegato. Questo nonostante la procura di Trani lo accusi di aver venduto derivati “truffaldini” a due aziende pugliesi quando era numero uno di Banca Caboto (oggi Banca Imi). Il manager, in base alla direttiva sull’onorabilità dei vertici delle società pubbliche varata nel 2013 dall’allora ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, rischiava la decadenza dalla carica per giusta causa. Ma in caso di rinvio a giudizio pervenuto nel corso del mandato la decisione è rimessa all’assemblea, che deve esprimersi tenendo conto del “preminente interesse della società”. Evidentemente gli azionisti di Cdp, cioè il Tesoro e le Fondazioni bancarie, convocati appositamente ai sensi della “clausola etica” inserita nello statuto, hanno valutato che l’interesse della Cassa sia tenere in sella Gorno a dispetto dell’atto di citazione dei magistrati pugliesi. E aspettare l’esito del giudizio.
All’assemblea, presieduta da Franco Bassanini, ha partecipato il 99,2% dei soci. Anche il consiglio di amministrazione, dopo “attenta valutazione delle comunicazioni della Procura di Trani”, aveva confermato la fiducia nell’amministratore delegato.