“Venderemo 1,5 milioni di veicoli elettrici entro il 2016”. Con queste parole, pronunciate nell’ottobre 2011, Carlos Ghosn definiva gli obiettivi dell’alleanza Renault-Nissan – di cui è presidente e amministratore delegato – rispetto alla mobilità a zero emissioni. Poi qualcosa è andato storto, perché nel novembre 2013 le elettriche vendute erano solo 100.000, mentre pochi giorni fa sono arrivate a 200.000. Il miglioramento negli ultimi dodici mesi è evidente ma siamo ancora lontanissimi dalle proiezioni di tre anni fa. Ciononostante, il gruppo franco nipponico continua a mostrare ottimismo. “Vista la crescente domanda di vetture con alimentazioni alternative, è naturale che il successo dei veicoli elettrici stia aumentando, in particolare nelle regioni che possono contare su infrastrutture di ricarica capillari” ha dichiarato Ghosn, riferendosi in particolar modo alla Norvegia, dove grazie a un sostanzioso piano di incentivi statali c’è stato un vero e proprio boom nelle vendite delle auto elettriche. Ma l’isola felice norvegese è solo una goccia nel mare del mercato europeo dell’auto. Infatti, se nei primi sei mesi del 2014 in Europa sono state immatricolate 6,85 milioni di automobili, di queste solo 29.000 erano elettriche (lo 0,4%) e la Norvegia ne aveva assorbite 13.000 (solo 648 l’Italia).
Nella prima metà dell’anno in Europa sono state immatricolate solo 29.000 elettriche, di cui 13.000 nell’isola felice Norvegia
È chiaro che qualcosa non va e non si tratta solo della mancanza di colonnine di ricarica. I problemi derivano dalla natura stessa delle auto elettriche, che presenta dei limiti intrinsechi difficilmente superabili, almeno allo stato attuale della tecnologia. Il più grosso è la batteria, anzi il ‘pacco’ di batterie dove viene stoccata tutta l’energia necessaria: è costoso da produrre, è pesante ed è tanto ingombrante da rendere difficile l’integrazione nel veicolo. Tutto questo senza considerare “l’effetto smartphone”, cioè quel fenomeno per cui dopo aver postato, pubblicato, condiviso e fotografato per tutta la mattina, si arriva dopo pranzo con il dispositivo già scarico. Il problema dell’auto elettrica è che non si può attaccare alla prima presa disponibile e nemmeno a un power pack esterno, a meno di non voler trainare una roulotte piena di batterie.
Ma anche ignorando tutti questi difetti, per viaggiare a zero emissioni – per questo, non bisogna interrogarsi su come l’elettricità venga prodotta – bisogna avere discrete disponibilità economiche. Utilitarie come la Renault Zoe e la Smart ED costano 21.850 euro (affitto delle batterie escluso) e 25.701 euro, mentre modelli più grandi come la Nissan Leaf o la Volkswagen e-Golf, salgono a 30.690 euro e 37.000 euro. Confrontandole con i rispettivi modelli ‘termici’, si scopre una differenza di prezzo di circa 10.000 euro. Certo, ci sono varie formule di finanziamento e di noleggio della batteria che possono rendere l’esborso aggiuntivo più sostenibile, ma la sostanza non cambia. L’unica auto elettrica che riduce, almeno parzialmente, questi difetti è la Tesla Model S, che utilizza una tecnologia diversa proprio per il bacco batterie, riuscendo a garantire un’autonomia nell’ordine dei 400-500 km, contro i 120-200 del ‘resto del mondo’. Ma si tratta di una vettura da quasi 80.000 euro, nella versione con il pacco di batterie più “capiente”, destinata alla fascia alta del mercato.
“Si può ragionevolmente dire che nessuno oggi stia facendo un veicolo elettrico economicamente sostenibile”, ha detto Dieter Zetsche, numero uno di Daimler
Insomma, nonostante siano passati quasi venti anni, i problemi sono praticamente gli stessi della ormai leggendaria General Motors EV1, quella del documentario “Who killed the electric car?”. Sembrano essersene resi conto anche i grandi boss dell’industria automobilistica mondiale. “Si può ragionevolmente dire che nessuno oggi stia facendo un veicolo elettrico economicamente sostenibile”, ha detto Dieter Zetsche, numero uno di Daimler (cioè Mercedes-Benz e Smart) a fine ottobre alla presentazione alla stampa della Classe B elettrica. “I costruttori non avranno un ritorno economico dei miliardi che stanno investendo in tempi ragionevoli”. Un concetto espresso in modo molto diplomatico, che Sergio Marchionne aveva già formulato qualche mese fa: “Spero che non compriate la 500 elettrica, perché ogni volta che ne vendo una perdo 14.000 dollari”. E del problema s’è accorta anche Angela Merkel, visto che in tutta la Germania girano solo 24.000 auto elettriche, un po’ poche rispetto al milione preventivato per il 2020. “Senza forme di incentivazione statale sarà impossibile raggiungere l’obiettivo”, ha detto la cancelliera tedesca. Tutta l’industria dell’auto spera che la previsione non si trasformi in sentenza definitiva.