Questa è l’Europa che ci piace. E’ davvero grande la portata della recente decisione della Corte europea del 26 novembre 2014 nella causa C-22/13 che ha stabilito l’illegittimità della normativa nazionale relativa ai contratti precari nella scuola. La decisione afferma, nel suo dispositivo, quanto segue: “La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro Ces, Unice e Ceep sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Risulta, infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato”.
In parole povere, il comportamento dello Stato italiano ha violato quella parte del citato Accordo che pone, al fine di evitare abusi nell’utilizzo di contratti a tempo determinato, tre limiti o “paletti” precisi: 1) criteri obiettivi per il ricorso a tali contratti, il cui cumulo non può comunque eccedere 2) una determinata durata o 3) un determinato numero di rinnovi. La sentenza europea impone allo Stato di rimediare assumendo i precari con contratti a tempo indeterminato ovvero procedendo a sostanziosi risarcimenti. Come scrive il decano dei giuslavoristi italiani Piergiovanni Alleva sul manifesto di oggi, “per il resto del pubblico impiego, statale e parastatale, degli Enti locali, sanitari, dove il precariato è comunque abbondante, la sentenza conferma la serietà e invalicabilità di tutti i “paletti”, perché da un lato la causale oggettiva deve essere valutata in concreto come oggettiva temporaneità e dall’altro ogni debordo dal limite dei 36 mesi dà luogo senz’altro a quelle sanzioni di trasformazione e/o risarcitoria, ma poiché per il settore della scuola l’unica soluzione politicamente praticabile è quella della stabilizzazione, anche per gli altri settori i giudici dovranno razionalmente scegliere la trasformazione a tempo indeterminato”.
La logica della sentenza e della direttiva 1999/70 risulta completamente opposta a quella perseguita dal governo Renzi con la parte del Jobs Act entrata in vigore qualche tempo fa col decreto Renzi-Poletti, che prevede la totale eliminazione della causale per il ricorso ai contratti a tempo determinato. Bene hanno fatto quindi, come da me annunciato a suo tempo, i giuristi democratici a impugnare tale decreto in sede europea e bene ha fatto la Cgil a compiere analogo ricorso.
In conclusione occorre invitare, come fa Alleva, tutti i precari ad impugnare tutti i contratti a termine e di lavoro somministrato causali precedenti al decreto Poletti entro 120 giorni e richiedere la stabilizzazione. I giuristi democratici romani hanno stabilito al riguardo uno sportello telematico cui si può accedere inviando mail a noalprecariato@yahoo.it. L’altra fondamentale cosa che occorre fare è ovviamente mobilitarsi e scioperare il 12 dicembre contro questo governo incapace di porre freno alla corruzione e alla malavita che stanno divorando la nazione, e capace solo di dare addosso agli onesti lavoratori che da sempre tirano la carretta dell’Italia. Speriamo solo che Poletti non si sia avvalso in materia, fra una coda alla vaccinara e un litro di rosso, dei suggerimenti degli esponenti di “Mafia Capitale” che ebbe occasione di incontrare a cena.