Grazie a Glitterbeat Records, dopo quasi venticinque anni dalla prima pubblicazione viene ristampato il fondamentale “Fourth World Vol. 1: Possible Musics”, frutto dell’incontro tra il compositore e trombettista Jon Hassell e Brian Eno. L’occasione permette non solo di rimarcare ed approfondire l’importanza di questo lavoro, ma anche di attribuire il giusto merito ad Hassell, che in verità ne è autore per la quasi totalità, ma che si è trovato a dover fare i conti con un nome molto importante, quale era ed è quello di Eno. “Il disco poteva essere facilmente di Jon Hassell, prodotto da Brian Eno – afferma il trombettista in un’intervista di fine anni novanta – ma a quel tempo cercavo di pagarmi l’affitto e decisi che volevo la scritta “Jon Hassell/Brian Eno”, e questo diventò un problema perché Eno aveva un profilo così alto nel mondo della popular music che l’album diventò preso “il suo disco”, e questo fu doloroso”.
L’occasione permette non solo di rimarcare ed approfondire l’importanza di questo lavoro, ma anche di attribuire il giusto merito ad Hassell, che in verità ne è autore per la quasi totalità, ma che si è trovato a dover fare i conti con un nome molto importante
Siamo verso la fine degli anni settanta e l’iniziale piano di Eno di trascorrere una settimana a New York si trasformerà immediatamente in una visita lunga cinque anni. Proprio durante le prime settimane Newyorkesi, spese ad ascoltare un’infinità di musica – molta della quale caratterizzata da dischi di musica africana – Eno si imbatte nel primo lavoro di Hassell, “Vernal Equinox” (1977). Lo conoscerà di persona nell’estate del ’79 – dopo un concerto del trombettista al The Kitchen – quando le fondamenta concettuali e musicali di “Fourth World Vol. 1: Possible Musics” erano già state gettate. “Forth World Music” è un’espressione coniata da Hassell per definire un mondo astratto, creato attraverso l’unione sperimentale delle diverse culture del globo, un mondo ibrido ed in costante mutamento, un “non-luogo” in grado di afferrare elementi peculiari di culture diverse per poi veicolarle in un flusso sonoro ricco di innesti.
L’apporto di Eno appare comunque distinguibile e fondamentale al fine di fondere le differenti stratificazioni sonore, donando il suo consueto “calore razionale” alle composizioni
Nel disco il richiamo all’Africa è uno dei più evidente: se in “Delta Rain Dream” le percussioni ne rievocano i ritmi, “Griot (Over ‘Contagious Magic’)” appare come un esempio più particolare in grado di accogliere al suo interno anche rimandi a Steve Reich. E chissà se Reich abbia fatto riferimento a “Ba-Bénzéle” per il suo “Different Trains” (ad onor del vero bisogna ammettere che il compositore ha sempre dichiarato che per “Different Trains” si era ispirato ai continui viaggi in treno fatti quando era piccolo). L’apporto di Eno appare comunque distinguibile e fondamentale al fine di fondere le differenti stratificazioni sonore, donando il suo consueto “calore razionale” alle composizioni (“Chemistry”).
Come si deduce dalla prima parte del titolo, l’album doveva essere il primo di una serie, ma ne seguirà solo un secondo: “Fourth World Vol. 2: Dream Theory In Malaya” – il sottotitolo trae spunto dal lavoro dell’antropologo Kilton Stewart – prodotto da Hassell e mixato da Daniel Lanois, dove l’apporto di Eno sarà minore. Hassell – che nel lungo curriculum vanta la partecipazione alla prima registrazione della seminale “In C” del compositore Terry Riley – parteciperà alla prima edizione del WOMAD di Peter Gabriel, nel 1982. Gabriel è solo uno degli artisti influenzati dalle sperimentazioni e le teorie di Hassell; lo stesso Eno continuerà ad ammettere l’importanza del compositore statunitense: “Devo molto a Jon” – dichiara in un’intervista al Guardian – “Molte persone devono tanto a Jon. Ha piantato semi forti e fertili, i cui frutti si stanno ancora raccogliendo”.