I consumatori che hanno lanciato la petizione denunciano l'oscuramento della pagina creata sul social network. Al centro della raccolta firme la presunta omessa dichiarazione al Fisco italiano di ricavi per 105 milioni da parte della multinazionale francese dei cofanetti regalo
Quando si è diffusa la notizia di una presunta evasione legata ai cofanetti regalo Smartbox, in rete è subito partita la protesta contro la multinazionale francese. Con tanto di petizione sul sito activism.com per chiedere a Tesoro e Agenzia delle Entrate di fare chiarezza e agire tempestivamente. Ed è anche nata la pagina Facebook “Multinazionali, ridate i soldi agli italiani: #smartboxpagaletasse”, con diversi link alla petizione stessa. Le firme raccolte sono state oltre 19mila. Ma da qualche giorno la pagina del social network è scomparsa. Con tutti i suoi oltre 6mila like.
Dalla sede di Facebook fanno sapere che la pagina è stata bloccata “per motivi legali”, senza specificare altro. Ma che cosa ha innescato la protesta? Secondo quanto riportato un mese fa da Il Giornale e da alcuni quotidiani online, la Guardia di finanza ha condotto lo scorso agosto una serie di verifiche sulla società Smart & Co srl con sede a Roma, terminale italiano di una rete che comprende anche una società francese e l’irlandese Smartbox Experiences Ltd. Ispezioni sono state eseguite anche in alcuni supermercati e librerie, dove vengono vendute scatole che permettono di regalare cene, notti in albergo, weekend alle terme o in agriturismo.
La contestazione delle Fiamme Gialle – scrive Lettera43 – riguarda circa 105 milioni di ricavi non dichiarati e 12 milioni di Iva non versata tra il 2009 e il 2013. Il meccanismo escogitato sarebbe quello di una “stabile organizzazione occulta” di Smartbox Experiences Ltd all’interno della struttura organizzativa della filiale italiana. In sostanza l’azienda nostrana avrebbe dovuto fornire solamente servizi ausiliari a quella irlandese, responsabile invece della gestione di tutte le altre attività, comprese quelle di vendita. Ma la Smartbox & Co srl avrebbe invece partecipato in modo diretto alla firma dei contratti con i clienti. Salvo che gran parte delle imposte sono state pagate in Irlanda, dove il livello di tassazione è inferiore: a fatturare ai clienti il valore delle smart box, è il sospetto, era la società irlandese, mentre la srl italiana fatturava a questa solo una commissione per la consulenza. Ora l’ipotesi investigativa è al vaglio di magistrati e Agenzia delle entrate, che dovranno analizzare i meccanismi di un mercato relativamente giovane.
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