Altro che “1 milione di posti di lavoro in più” grazie agli sgravi previsti dalla legge di Stabilità. L’Ufficio parlamentare di bilancio già a fine ottobre aveva espresso dubbi su quella cifra scritta nera su bianco nella Relazione tecnica. E ora anche il servizio Bilancio di palazzo Madama si unisce alle perplessità sul numero delle nuove assunzioni a tempo indeterminato che saranno attivate per effetto della decontribuzione triennale decisa dal governo Renzi. La Relazione prevede che l’azzeramento dei contributi faccia aumentare i contratti del 57%, dai 630mila dell’anno scorso a 1 milione, appunto. Ma i numeri da cui si parte per calcolare la percentuale, notano gli analisti del Senato, appaiono “troppo bassi“, e di conseguenza la stima dell’incremento potrebbe essere “sovrastimata“. Infatti il dato non depurato che emerge dal rapporto sulle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro è di 1,57 milioni di contratti.
Non solo: il servizio Bilancio chiede “precisazioni” anche sulla stima per cui quasi l’80% dei nuovi contratti non beneficerebbe in misura piena dell’incentivo, valido per tutti i contratti a tempo indeterminato sottoscritti dal primo gennaio al 31 dicembre 2015. Secondo il Tesoro 790mila lavoratori godranno dello sgravio totale mentre 210mila ne usufruiranno fino all’importo massimo, pari a 8.060 euro su base annua. Ma, notano i tecnici, “occorrerebbe fornire i dati che sono alla base di questa stima, con riferimento alla distribuzione per classi retributive di fonte Inps, in modo da valutarne la congruità”. Nel dossier si legge poi che “stante la rilevanza e la significatività dell’incentivo è presumibile e prudenziale valutare un effetto incentivante, con riduzioni di assunzioni a contribuzione piena (a tempo determinato, ad esempio) verso la tipologia di contratto a tempo indeterminato incentivato”. In pratica, favorendo i rapporti di lavoro stabili – che a valle dei decreti attuativi del Jobs Act assumeranno peraltro la forma del contratto a tutele crescenti – si assisterà contemporaneamente a un calo delle altre tipologie contrattuali.
Sempre domenica l’agenzia AdnKronos ha diffuso i contenuti di uno studio della Uil in base al quale il combinato disposto Jobs Act – decontribuzione creerà un effetto perverso per cui le aziende avranno vantaggi economici se licenzieranno prima che scatti la stabilizzazione prevista dal contratto a tutele crescenti. Infatti secondo il sindacato un’azienda che nel 2015 assumerà un lavoratore e entro dicembre lo manderà via ci guadagnerà in media 4.392 euro. Che salgono a 13.190 euro se il licenziamento avverrà invece alla fine del triennio di decontribuzione. Il risultato sarebbe un’occupazione invariata e soldi in meno nelle casse dello Stato. Ma come funziona il giochetto? Assumendo un addetto con uno stipendio di 22mila euro lordi all’anno, è l’esempio della confederazione, l’impresa godrà il primo anno di sgravi per circa 6.390 euro. Se il lavoratore venisse licenziato a fine anno l’indennizzo previsto dal Jobs Act dovrebbe aggirarsi, secondo la Uil, intorno ai 2.538 euro lordi. Di qui il saldo positivo per 4.390 euro. Un vantaggio che aumenterebbe ancora se il lavoratore fosse venisse invece licenziato durante terzo anno. Va detto però che i calcoli si basano su un assunto tutto da verificare, ovvero un indennizzo pari a una mensilità e mezzo per ogni anno di lavoro. A dettagliare le cifre saranno, appunto, i decreti attuativi, ma appare difficile che non venga previsto un tetto minimo di almeno sei mesi di stipendio qualunque sia l’anzianità lavorativa del dipendente.