L’Italia deve fare di più per correggere il deficit strutturale di bilancio. E il volume del suo debito pubblico preoccupa i partner europei. A ripetere il refrain è il documento conclusivo della riunione dell’Eurogruppo che si è svolta lunedì a Bruxelles. “Secondo l’ultima valutazione della Commissione”, scrivono i titolari dei ministeri dell’Economia e delle finanze dell’Eurozona, “lo sforzo fiscale strutturale nel 2015 sarà pari allo 0,1% del Pil, quando è richiesto uno sforzo dello 0,5% sotto il braccio preventivo” della procedura d’infrazione. Tradotto dal burocratese significa che la correzione dei conti messa sul piatto da Roma, pari a circa 4,8 miliardi complessivi, non è sufficiente. Va detto che il comunicato non parla esplicitamente di sforzo aggiuntivo, ma si limita a chiedere “misure efficaci”, come sottolineato in serata dal Tesoro italiano. Ma in conferenza stampa il commissario europeo per gli Affari economici, Pierre Moscovici ha parlato di “alcune misure aggiuntive che devono essere prese. Vogliamo che i divari siano colmati e le misure siano prese laddove è necessario. E’ una questione di credibilità“, ha precisato.

Come è noto, le regole europee stabiliscono che i Paesi non soggetti a procedura per deficit eccessivo (e quindi soggetti ai parametri del “braccio preventivo”) debbano ridurre il deficit strutturale dello 0,5% l’anno. Mentre ad oggi la nostra legge di Stabilità prevede un rientro limitato allo 0,3% del prodotto interno lordo. Che peraltro la Commissione “legge” come uno 0,1% perché si basa su una diversa metodologia di calcolo del Pil potenziale. Su questo punto, però, sono ancora in corso trattative. Non per niente il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, dopo aver detto che c’è uno scostamento dello 0,4% del Pil tra lo 0,1% che l’Italia ha proposto e lo 0,5% che è richiesto, ha chiarito che “la Commissione sulla base di valutazioni future potrebbe stabilire che quello 0,1% sia in realtà uno 0,2 per cento“.

Uno sforzo aggiuntivo dello 0,4% del Pil significa dover trovare circa 6,4 miliardi

Insomma: ancora una volta si gioca sui decimali, anche se in ballo ci sono comunque miliardi di euro. Lo 0,4% del Pil equivale a 6,4 miliardi di euro da mettere insieme con tagli di spesa o nuove tasse. Lo 0,3% significa 4,8 miliardi da scovare. Ma è possibile che “questo divario venga colmato con nuove misure, con misure efficaci o discutendo con la Commissione sulla valutazione delle misure che già sono sul tavolo”, ha anticipato il politico olandese. Come dire che le opzioni aperte sono diverse. E di qui a marzo, quando è atteso il verdetto definitivo sui progetti di bilancio dei Paesi Ue considerati “in bilico”, il titolare del Tesoro Pier Carlo Padoan conta di riuscire a spuntare uno “sconto”. Di qui l’immediata precisazione, diffusa a stretto giro dal suo portavoce, che “dal comunicato diffuso dall’Eurogruppo non emerge alcuna richiesta di una manovra aggiuntiva”. “Nessuna richiesta di misure aggiuntive: legge di stabilità 2015 attuata in modo efficace rilancerà economia italiana”, ha poi twittato lo stesso Padoan. Insomma: nei prossimi mesi il governo di Roma e la Commissione – il cui presidente Jean Claude Juncker è “azzoppato” dallo scandalo LuxLeaks sui privilegi fiscali concessi dal Lussemburgo alle multinazionali – continueranno a negoziare. Con l’obiettivo di evitare una vera e propria e bocciatura senza appello della manovra finanziaria del governo Renzi. Che oggi, come già detto chiaramente dall’esecutivo Ue a fine novembrenon è “pienamente compatibile” con le regole del Patto di stabilità e crescita.

Nel documento si legge poi che continua a destare “preoccupazione” il livello “elevato” del debito pubblico. Anche per questo motivo “misure efficaci si renderebbero necessarie per permettere un miglioramento dello sforzo di correzione strutturale”. Va detto, infine, che la dichiarazione dell’Eurogruppo riconosce “l’impegno dell’Italia a usare, nel 2015, entrate inattese e risparmi di spesa non previsti e proventi da privatizzazioni per portare il rapporto debito/pil su un sentiero decrescente” e “ad affrontare le debolezze strutturali dell’economia e incoraggiare l’implementazione dell’agenda di riforme, come riportato nella lettera inviata alla Commissione in 21 novembre”.

 

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