Cultura

Prima della Scala 2014: ‘Fidelio’ o dell’eroismo femminile

Guardando ieri sera il perfetto Fidelio della Scala, con direzione lenta e wagneriana di Daniel Barenboim e regia modernissima e classica insieme della grande Deborah Warner, mi chiedevo quale altro personaggio femminile nella storia della cultura potesse stare all’altezza di Leonora. Introdottasi sotto le spoglie del giovane Fidelio nelle carceri governate dall’atroce don Pizarro, Leonora/Fidelio entra nelle grazie del carceriere Rocco, che spera di farne uno sposo per la figlia Marzellina, e sfida tutto: la fatica, l’inganno, il pericolo per liberare l’amato marito Florestano, ingiustamente tenuto prigioniero e condannato ad essere assassinato dallo stesso Pizarro.

Eroina attiva che non si arrende davanti a nulla, nessuna fatica, nessuna regola, nessuna umiliazione, Leonora non ha precedenti nella cultura occidentale, ad eccezione forse di Antigone. Eppure, nemmeno Antigone ha l’eroismo di Leonora: Antigone agisce nel nome di una morale familiare contro la morale di Stato, decidendo di seppellire entrambi di suoi fratelli nelle terre di Tebe. Leonora non agisce solo in nome dell’amore per Florestano. Vera eroina rivoluzionaria, il cui aspetto forte e volitivo ricorda l’immagine della libertà con la bandiera francese sulle barricate del famoso dipinto di Delacroix, Leonora agisce in nome della giustizia e della libertà: è disposta a infrangere le regole, mettendo così a rischio il suo piano strategico di liberazione del marito, per dare qualche ora d’aria ai prigionieri (il famoso coro In Freier Luft). Non si piega davanti a nessuna fatica, non ha paura per sé, solo per gli altri.

Immagine di agape (l’amore caritatevole e disinteressato) contro eros (l’amore come seduzione), la Leonora/Fidelio della Warner, interpretata da una possente (per voce e per aspetto) Anja Kampe, entra in scena in tuta da operaio, scarponi grossi e cassa pesante di catene per i carcerati tra le braccia. Come un’eroina di quelle serie televisive del Nord Europa, Leonora è bionda, alta, forte, essenziale, non sentimentale, giudiziosa e giusta, totalmente giusta, come quando, ancora prima di riconoscere nel prigioniero morente le sembianze dell’amato marito, dichiara a pieni polmoni di volerlo risolutamente salvare, chiunque lui sia.

Leonora è Fidelio perché incarna i valori androgini dell’eroismo rivoluzionario: l’eroe rivoluzionario è sia uomo che donna, perché ha la forza fisica dell’uomo e quella morale della donna, capace di infrangere le regole per una verità morale superiore, capace di indignazione e di empatia con le sofferenze altrui.

Tutto il gioco dell’inversione dei sessi, delle maschere e dei travestimenti, del teatro settecentesco, diventa con Beethoven eroismo ideale, valori femminili di carità, disinteresse e cura, incarnati sotto spoglie maschili, perché la forza di Leonora è troppo sovrumana per essere rappresentata, all’inizio del diciannovesimo secolo, da un personaggio soltanto femminile.

Leonora/Fidelio, androgino rivoluzionario, è l’ideale umano, o meglio, sovrumano, di Beethoven. L’eroismo dell’uomo/donna è l’eroismo dell’umanità all’apice della sua espressione. L’azione di questa superdonna è motivata dai sentimenti eterni di giustizia, libertà e fraternità. L’alba di un nuovo mondo per Beethoven, più libero, più giusto e più umano, ha bisogno della nascita di un nuovo ideale umano, che fondi in se stesso coraggio e amore.

L’’interpretazione scaligera del Fidelio non sceglie tra lettura politica o sentimentale dell’opera. La Leonora/Fidelio di ieri sera incarna l’eroismo dell’azione, che può essere giusta solo se motivata da un amore universale, un sentimento diretto non a un solo uomo, ma all’umanità intera.