Ibride ed elettriche rappresentano solo lo 0,1% del circolante, per il resto "auto ecologiche", in Italia, significa a gas. Il 2% sono bifuel benzina-metano, ma il segmento è in crescita, con immatricolazioni intorno al 5% del mercato. Con i nuovi arrivi del gruppo Volkswagen, l'offerta si fa sempre più ampia anche nel segmento delle compatte. I costi di gestione sono contenuti, ma le pompe restano mal distribuite sul territorio
Le case automobilistiche stanno arricchendo sempre più l’offerta di modelli bifuel benzina-metano. In particolare è il gruppo Volkswagen che sta proponendo il gas naturale su un numero sempre maggiori di modelli: rispetto ai modelli disponibili un anno fa, si sono aggiunte a listino le versioni a metano di Audi A3, Seat Leon, Skoda Octavia e Volkswagen Golf, le ultime tre anche nella variante familiare. Merito della nuova piattaforma modulare Mqb su cui i quattro modelli sono costruiti, che prevede fin dall’origine la possibilità di posizionare le bombole e dunque facilita la realizzazione delle versioni bifuel.
Su un totale di quasi 37 milioni di auto circolanti nel nostro Paese, quelle che secondo l’Osservatorio Federmetano si possono considerare “ecologiche” (cioè elettriche, ibride, a metano e a Gpl) sono 2,7 milioni, cioè il 7,5%. Di queste, la stragrande maggioranza sono a gas: ibride ed elettriche rappresentano solo lo 0,1% del circolante. A livello nazionale, sono su strada circa 773 mila veicoli alimentati a metano, il 2,1% del parco circolante, ancora lontano dal 5,3% del Gpl (qui le differenze fra i due gas). Il divario fra auto a metano e a Gpl però si sta restringendo: nei primi nove mesi dell’anno, le bifuel benzina-metano rappresentavano il 5% del mercato del nuovo, le benzina-Gpl l’8,7%.
I vantaggi principali del metano riguardano i costi di gestione e l’impatto ambientale. Infatti il gas ha un livello di emissioni più basso del gas petrolio liquefatto (Gpl), oltre a un’efficienza maggiore: 1 kg di metano, secondo i calcoli di Federmetano, equivale a 1,5 litri di benzina, 1,3 di gasolio, e 2,1 di Gpl.
A fronte di un prezzo medio della benzina di 1,677 euro al litro, il metano è a 99 centesimi. Più caro, quindi, del Gpl (0,686 euro) che però risente in modo più diretto dell’andamento del petrolio, in questo periodo in forte calo di prezzo.
Il metano però ha un grande punto debole: la rete di distribuzione. Sul territorio nazionale, ci sono circa 1.000 pompe, tante a livello europeo, ma non ancora abbastanza per consentire una diffusione di massa di questo carburante. Ad esempio, in Emilia Romagna le pompe sono 173, e in Lombardia 141 quindi la gestione di un’auto a metano è più facile. Ma secondo i dati diffusi da Federmetano la Sardegna non ne ha, e sono quasi inesistenti anche in Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia, che ne hanno rispettivamente due e quattro (qui la mappa dei distributori di metano). Inoltre, a differenza di altri Paesi europei dove esiste il self service, in Italia il rifornimento di metano è sempre servito, quindi bisogna prestare attenzione agli orari di apertura della pompa.
Un altro aspetto da valutare prima di acquistare un’auto a metano è la revisione delle bombole. Secondo la nuova normativa europea R110 ECE/ONU, va fatta ogni quattro anni, e la tariffa è variabile, perché si pagherà la manodopera per lo smontaggio, in relazione al numero di bombole. Passando al mercato, l’offerta di veicoli che nascono in fabbrica con la doppia alimentazione benzina-metano è piuttosto ampia. Fiat da tempo sta puntando su questa alimentazione e la gamma è varia, si parte dalla dalla Panda (14.510 euro) per arrivare alla 500L Living (21.810 euro). Offrono modelli a metano anche la Opel – con Zafira e Combo Tour – e il citato gruppo Volkswagen, con modelli che vanno dalle piccole Up! (12.450 euro), Seat Mii e Skoda Citigo (11.950 euro) alla best seller Golf TGI (leggi la prova su strada). Due modelli a metano anche in casa Mercedes: la Classe B (30.010 euro) e la grande Classe E (da 49.450 euro), che sdogana il gas naturale anche sull’alto di gamma.