Quelli che non amano gli animali si perdono quella meravigliosa ed unica sensazione dell’essere amati. Questi esseri speciali amano senza compromessi, non hanno rancori, pretendono l’esclusiva, ma ti perdonano e non ti fanno sentire in colpa. Mai avuta una discussione con il mio cane, neanche quando ero nervosa. Il mio cane si chiamava Tommaso, no forse il mio cane si chiama Tommaso. Era il più allegro della famiglia, no è il più allegro della famiglia. Aveva un carattere meraviglioso, no ha un carattere meraviglioso.
Un giorno l’ho messo in terrazza per fare una telefonata di lavoro, abitavo al primo piano, dopo un minuto ho sentito grattare alla porta. Era lui: si era buttato dalla finestra perché non sopportava di non essere al centro dell’attenzione. Un pazzo, ma così simpatico. Per un po’ gli ho cambiato nome, lo chiamavo ‘Giù dal divano’.
Era sveglio, intelligentissimo, capiva i condizionali e i congiuntivi. Giocavo e facevo discorsi strani: “Ma se andassimo che so, a fare una bella…” non finivo di pronunciare “passeggiata” che lui immediatamente si piazzava davanti alla porta di casa. Una sfinge, ma con una coda molto scodinzolante, la coda lo tradiva spesso.
Abbiamo giocato tanto insieme, ho iniziato ad ascoltarlo per capire chi fosse, a guardare i suoi occhi parlanti; gli animali hanno delle reazioni fisiche che sono più suggestive delle parole e ho capito che avrebbe fatto tutto per me. Gli dicevo: “Tommy muori”, e lui sveniva. Gli dicevo: “Tommy abbracciami”, e lui metteva le zampe sulle mie spalle, “Tommy baciami, Tommy dammi la zampa, Tommy batti il cinque”.
Tommy ho bisogno di giocare con te, mi manchi tanto. Avere un esserino peloso accanto per 12 anni è stato come avere un compagno di vita. La mia giornata era scandita da appuntamenti importanti: la mattina aprivo gli occhi e mi appariva un muso, due occhi sorridenti, una coda sculettante, una bella leccata sul viso e iniziava la nostra giornata.
Chissà come gli sembravo appena sveglia e tutta stropicciata. Un giorno ha fatto amicizia con un gatto, ci giocava, correvano insieme, si inseguivano. Forse pensava fosse un “catto”, un cane con le sembianze di un gatto. L’ho portato spesso in teatro con me, aveva capito cosa fosse il primo tempo ed il secondo tempo. Nella pausa scappava, di corsa attraversava il palcoscenico, saltava in platea e iniziava a fare le feste al pubblico. Qualche pipì qua e là sulle poltrone per segnare il territorio ed io a scusarmi col direttore del teatro, imbarazzatissima.
Una vera peste, un pagliaccio che mi faceva tanto ridere. A quel punto l’ho messo in scena, era bravissimo. Prendeva gli applausi sedendosi al centro del palco, con un’espressione buffissima, ascoltando gli applausi piegava la testa e drizzava le orecchie. Come dire: “Grazie amici, lo so, lo so la mia interpretazione è stata straordinaria”. Beh, forse sentiva il pubblico. Era un cane attore, non un attore cane.
Mi ha educato all’amore incondizionato, con un animaletto non puoi prendertela, non porti rancore perché lui ti perdonerà sempre. Non hai controlli emotivi o filtri. Sei libera. Non hai bisogno di difenderti. Ho deciso di non fare l’eutanasia, gli sono stata accanto e l’ho curato tutto il giorno per assicurarmi che non provasse dolore. Una notte mi ha svegliata e mi ha comunicato che era il momento, era la sua ora e se ne era accorto, ma voleva farlo con me accanto. L’ho preso fra le braccia e… buio. Ora che non c’è più sento che mi ha insegnato molto. Ho imparato ad abbaiare, a volte fa bene.