Vi abbiamo chiesto di raccontarci cosa avete provato quando il vostro cuore si è ammalato. Ecco alcune testimonianze dei lettori.

La scoperta della malattia è avvenuta casualmente mentre eseguivo esami di routine: la cardiologa che mi visitava notò un diametro eccessivo dell’aorta e ipotizzò, sulla base dell’anamnesi, che io potessi essere affetta da sindrome di Marfan. Ne fui molto allarmata non per le parole della dottoressa, che anzi cercò di tranquillizzarmi, ma perché ne avevo sentito parlare molti anni prima da un amico medico neolaureato e le informazioni disponibili allora descrivevano un elevato rischio di mortalità per rottura dell’aorta entro i 40 anni, anche se lo specialista rinomato che consultai mi rassicurò facendo leva sull’inesperienza del mio amico. Cominciò un periodo terribile, in cui tutti i medici che incontravo mi assicuravano che io non ero affetta da questa sindrome, perché chi lo è presenta in genere anche caratteristiche somatiche che io non avevo, mentre io cercavo informazioni su Internet e mi pareva sempre di più di riconoscermi in quanto leggevo. Fu grazie a Internet che scoprii l’esistenza del Centro Malattie Rare Cardiologiche dell’Ospedale Sacco di Milano. Lì, con mia grande disperazione, la diagnosi fu confermata, ma trovai anche una competenza e un’attenzione alla dimensione umana che ho incontrato raramente. Nonostante le cure, a distanza di 2 anni dalla diagnosi ho avuto effettivamente una dissezione acuta dell’aorta e la documentazione redatta a Milano è stata decisiva nell’iter che mi ha salvato la vita, dal momento che il cardiologo che mi visitò in quell’occasione nell’ospedale della mia città continuava a dubitare che i miei sintomi fossero indicativi di dissezione aortica e solo dopo alcune ore decise per una TAC che rese inevitabile trasferirmi a sirene spiegate alla cardiochirurgia di Parma. Dopo un anno, la valvola aortica, che era stata riparata nel tentativo corretto di conservarla, manifestò un grave malfunzionamento, ma a Milano fu possibile un complesso intervento di sostituzione con valvola biologica, il che mi consente tuttora di evitare una terapia anticoagulante altrimenti necessaria ma controindicata nella sindrome di Marfan. A distanza di quasi 7 anni la situazione è stabile e io posso condurre una vita sostanzialmente normale. Ho ritenuto importante rispondere al vostro invito di scrivere le nostre esperienze di pazienti cardiopatici soprattutto per far conoscere il Centro Malattie Rare Cardiologiche, a cui ritengo di dovere la vita, e perché so quanto ancora siano sottostimate le patologie di cui si occupa. Questo Centro mette a disposizione dei pazienti cure mediche multidisciplinari (l’aspetto cardiologico nella sindrome di Marfan è quello potenzialmente letale, ma non è l’unico coinvolto) di altissimo livello. Ma non meno importante è il fatto che il dott. Alessandro Pini, che ne è l’anima, oltre ad essere molto attento alla dimensione dei rapporti umani, non smette di cercare contatti con i migliori specialisti e di promuovere annualmente momenti di informazione per medici e pazienti sulle novità terapeutiche. Il tutto – di questi tempi è necessario sottolinearlo – in regime rigoroso di servizio pubblico, al punto da arrabbiarsi con me in un’occasione in cui gli riferii che, di mia iniziativa – disperata per l’impossibilità di trovare risposte rapide al problema che mi preoccupava in quel momento – avevo cercato di risolvere la cosa prendendo appuntamento per un costoso consulto specialistico privato.
Mariarita Schiatti

Tutto inizò, circa 7 anni fa, nel 2007. Avvertivo una leggera oppressione al petto, quando percorrevo un tratto di strada in salita. Stefania (mia figlia), nel mese di novembre 2012, mi suggerisce, tenuto conto della mia età over 70, di sottopormi ad una ecografia toracica. Ottengo la richiesta per l’esame presso la ASL territoriale, ma per Fissare un appuntamento in tempi accettabili, è necessario rivolgersi presso un ambulatorio privato, convenzionato.
Li, Salvatore di Salvo (nome omen), radiologo in trasferta da Torino, rileva un aneurisma all’aorta ascendente, di circa 56 mm.
Diventa urgente la Tac al torace. E qui il Cup esibisce la sua efficienza, prenotando l’esame per la settimana successiva. La Tac conferma la diagnosi, diventa, quindi, urgente affidarsi ad un chirurgo. Dopo diverse valutazioni, Stefania fissa un appuntamento con il Prof. Giancarlo Passerone dirigente il reparto di cardiochirurgia dell’ospedale di San Martino di Genova. Il Prof. Passerone mi sottopose ad una serie di test preliminari presso l’ospedale, con modalità “day hospital”. Poi, nei giorni precedenti al ricovero, mi sottopose all’esame di angiografia coronaria. Dopo cinque giorni dall’intervento sono stato trasferito, per la riabilitazione, all’ospedale della Colletta di Arenzano!
Ho pagato uno e preso tre: protesi aorta, valvola e bypass.
Stefano Penco

Ferragosto 2010. Mi sveglio di notte e mi gira la testa. Strano sintomo: di corsa al pronto soccorso di Borgomanero. Medico e infermiere mi visitano e mi collegano agli strumenti. Tictactictac. Sembrano un telegrafo: subito in reparto di medicina intensiva. La mattina seguente al capezzale ho sia il medico del PS che il primario.
Aritmia atriale è l’esito della visita. Dopo qualche ora sono sottoposto a cardioversione: niente, la situazione non migliora. Prova da sforzo, ecg: perdo il conto delle visite e analisi cui vengo sottoposto. Dopo due giorni vengo trasportato all’ospedale di Novara, sempre in terapia intensiva. Dopo le preparazione del caso, il giorno seguente vengo sottoposto a coronarografia. Tutto ok.
Insomma, dopo una settimana di ospedale i medici gettano la spugna: i sintomi sono spariti ma non si sa il come e il perché. Quello che per me è chiaro è che ho avuto la fortuna di trovare medici, infermieri e strutture che mi hanno seguito in maniera impeccabile, con professionalità e competenza e di cui sono grato.
beppe47

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