Il premier aveva garantito che ogni anno 100mila giovani potranno fare questa esperienza. Poi nella legge di Stabilità è spuntato un taglio dei fondi. Ora il nuovo annuncio: "Stanziamo 50 milioni in più". Non abbastanza, comunque, per assicurare alle associazioni i 40mila volontari richiesti per il 2015
Penelope sembra aver ripreso a tessere la tela del servizio civile universale. “Un passo in avanti” da parte del governo, lo definiscono gli addetti ai lavori, ma con prudenza. Perché dopo gli annunci servono i fatti. Il premier Matteo Renzi ha promesso di stanziare per il servizio civile 50 milioni di euro in più rispetto ai 65 previsti, modificando la legge di Stabilità durante l’iter in Senato. Una marcia indietro arrivata dopo giorni di aspre polemiche da parte del mondo dell’associazionismo, sulle barricate da quando alla Camera è stato bocciato un emendamento del deputato Edoardo Patriarca che destinava ai volontari, per il 2015, 200 milioni.
L’ultima promessa del presidente del Consiglio, in base alla quale lo stanziamento salirà a 115 milioni, è arrivata dalla direzione Pd del 1 dicembre. Gli addetti ai lavori parlano di “fatto positivo”, ma ora vogliono vedere la formulazione del nuovo emendamento e capire da dove arrivano le risorse. E le perplessità non si fermano qui: la Conferenza nazionale enti servizio civile calcola che “con questi nuovi stanziamenti il contingente Italia potrebbe arrivare a 34mila posti”. Troppo pochi, visto che i progetti proposti per l’anno prossimo dalle organizzazioni necessitano di almeno 40mila volontari. “Con altri 20-30 milioni di euro arriveremmo a una cifra sufficiente a far partire i progetti presentati al dipartimento della Gioventù”, aggiunge Enrico Maria Borrelli, presidente del Forum nazionale servizio civile. La partita è ancora aperta, dunque. “Speriamo che non sia un altro spot”, commenta Yuri Broccoli, rappresentante nazionale dei volontari per il Nord Italia.
Sullo sfondo, peraltro, rimane la prima e più roboante promessa di Renzi al settore, quella arrivata nel maggio del 2014. Quando il premier, nell’ambito del piano di riforma del terzo settore, ha detto di voler “assicurare una leva di giovani per la difesa della Patria accanto al servizio militare”, rendendo “universale” il servizio civile. Cioè garantendo a ben 100mila giovani all’anno, entro il 2017, l’accesso a questa esperienza di “impegno civile, per la formazione di una coscienza pubblica e civica”.
Su quell’ambizioso obiettivo il governo ha messo la faccia, per poi però voltarla dall’altra parte. Infatti, in attesa di future modifiche, la manovra finanziaria approvata dalla Camera contiene un sensibile taglio dei fondi al servizio civile. Per capire l’entità della sforbiciata, è necessario fare un passo indietro: la Stabilità dell’anno scorso, messa a punto dal governo Letta, prevedeva uno stanziamento di 105 milioni per il 2014 e di 73 milioni per il 2015 e il 2016. Quella targata Renzi, invece, per il prossimo anno ha messo sul tavolo 65 milioni, otto in meno di quelli previsti. Ma se si fa il paragone tra 2014 e 2015, la differenza è ben maggiore: nel giro di un anno, le risorse registrerebbero una caduta verticale pari a 40 milioni di euro. Anche per 2016 e 2017 le cose non andrebbero meglio, con una riduzione da 73 a 63 milioni di euro.
E così ventuno parlamentari hanno presentato un emendamento alla legge di stabilità, con l’obiettivo di aumentare a 200 milioni la dote destinata al servizio civile. Ma è stato lo stesso Partito democratico, il 28 novembre, a votare contro il provvedimento in commissione Bilancio alla Camera, determinandone la bocciatura. A quel punto è scattata la rivolta del terzo settore. “Il governo Renzi prende in giro i giovani, il terzo settore, gli enti locali, le Regioni e smentisce se stesso. Ricorda Penelope: di giorno tesse la tela del proclama dei 100mila giovani in servizio civile universale, di notte disfa iniziando dagli stanziamenti in legge di stabilità. Ai proclami roboanti fa seguito l’umiliante realtà dei fatti e i giovani ne sono le vittime”, affermava in un comunicato la Conferenza nazionale enti servizio civile.
Due giorni dopo, il governo ha accolto tre ordini del giorno (si tratta, è bene ricordarlo, di atti non vincolanti) che lo impegnavano a riconsiderare la propria decisione di tirare dritto sui tagli. Poi, la svolta dalla direzione Pd. In attesa dei numeri e dei fatti.