Era l’inizio di settembre del 2005 quando iniziarono a distruggere la Riserva Naturale di Decima Malafede. Una riserva verde che costeggiava la via Pontina tra Pomezia e Roma. Le ferie erano finite e noi pendolari avevamo ripreso il nostro tran tran tra Latina e Roma. Fu davvero una cosa improvvisa. Una mattina vedemmo che una grande porzione di terreno, dove prima c’era una macchia di arbusti e una riserva naturale, veniva spianata dalle ruspe. Grande il disappunto. Da sempre si era pensato che una “riserva naturale” sarebbe stata rispettata da chicchessia. Invece no. Chi poteva ferire così un territorio naturale che apparteneva a tutti? Chi osava farlo, in barba a tutte le tutele? Qualche giorno ancora ed ecco apparire delle tende della Protezione Civile. Pensammo a un’emergenza. Ma perché radere al suolo un’area così bella e verde? Poi la notizia, tenuta nascosta, esplose, non con tanto disappunto. L’area era stata riservata ai 900 rom provenienti da vicolo Savini, il campo più grande d’Europa. Si disse, e lo ricordo ancora molto bene, che sarebbe stato per due mesi, massimo tre, perché ai rom era stata promessa la possibilità di entrare nelle graduatorie per l’assegnazione di case popolari, l’accesso ai buoni casa e anche un finanziamento per il rimpatrio. Tutte belle promesse e tutte bla…bla. Lo dissero probabilmente per non far montare le proteste della gente di Pomezia e dell’Eur.
E infatti. Dopo aver passato i primi mesi d’inverno in quelle tende, come sempre accade nel nostro Paese che da provvisorio si passa a definitivo, senza battere ciglio, le tende vennero sostituite dai containers.
Le critiche montavano di giorno in giorno. E noi lì tutte le mattine ad osservare e commentare, sorpresi anche da tanta velocità. Il Wwf quando vide i primi mezzi e le prime ruspe in campo, pensò che finalmente il Comune si era deciso ad abbattere gli abusi che esistevano lì intorno e che loro segnalavano da anni. Niente di tutto questo ovviamente. Un dolore per tutti assistere a quello scempio. Vedere il territorio ferito e non poter fare nulla. Secondo l’Associazione ambientalista, la Riserva di Decima, prima di essere distrutta, rappresentava il tassello più importante delle aree protette romane in virtù dei suoi eccezionali valori naturalistici, paleontologici ed archeologici. Nei 1500 ettari di boschi erano presenti, infatti, “quasi 900 specie di piante, molte delle quali rare, rarissime o mai segnalate a Roma, 15 specie di orchidee, una fitta rappresentanza di alberi monumentali fra cui la sughera più grande d’Italia. Anche la fauna non era da meno, con 132 specie di uccelli censiti, 24 di mammiferi, 9 di rettili, 8 di anfibi fra cui il rarissimo ululone dal ventre giallo, 13 di pesci. Ed inoltre castelli e torri medievali, una città preromana, diffusi insediamenti dal paleolitico medio all’età del bronzo, strade, necropoli, vasti giacimenti fossiliferi con elefanti, uri, megaceri ecc.”
Cominciò il palleggio delle responsabilità. Il WWF chiese un incontro in Comune, ma non se ne fece nulla. Provarono anche ad alzare la voce ponendo un ultimatum: “Bisogna allontanare il campo al più presto, in quanto illegale sotto tutti gli aspetti: non può stare dentro un’area protetta dove è vietato pure il campeggio libero, bisogna bonificare e ripristinare l’uso del suolo. Fra l’altro il Comune si è dotato di un bellissimo documento sui rom che dice che i campi non debbono essere abitati da più di 200 persone e qui ce ne sono oltre 800…”. Ma nessuno li ascoltò. Anzi negli anni a quelli di vicolo Savini, aggiunsero i rom di via Laurentina e poi quelli di Tor dei Cenci. Senza contare gli estemporanei. Quanti ne sono ora? Non è dato sapere!
Ecco dunque il motivo di tanta velocità e di tanta “umanità”. Ce lo raccontano dieci anni dopo i magistrati. Ecco il motivo di quei lavori fatti alla bell’e meglio e senza cura solo per raggiungere uno scopo. Far vedere che ci si interessava dei rom e lucrare su di loro e intanto intascare tangenti.
La rabbia monta ancora di più, sapendo che qui di umanitario non c’è niente. Solo affari. Questo ha mosso tutto, che ha distrutto… tutto. Oggi, infatti, se passì di lì, sulla Pontina, dove lo sguardo ti invogliava ad andare e a perdersi nella macchia pregiata e verde, non vedi altro che maltenuti containers, roulottes, sporcizia e tanto tanto degrado.