‘Ndrangheta, affari e politica. C’è tutto questo nell’operazione “Il Padrino” scattata a Reggio Calabria stamattina (mercoledì 10 dicembre) all’alba e che ha portato all’arresto di 25 persone accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso e favoreggiamento.

Anche dopo l’arresto del super latitante Giovanni Tegano, la rete della cosca di Archi ha continuato a funzionare alla perfezione. A quattro anni dalla cattura del boss il blitz della squadra Mobile, diretta da Gennaro Semeraro, che ha ricostruito l’organigramma della famiglia mafiosa.

Coordinata dal procuratore Federico Cafiero De Raho e dal sostituto della Dda Giuseppe Lombardo, la polizia ha stroncato la cosca Tegano. L’inchiesta “Il Padrino” ha consentito di individuare tutta una serie di soggetti inseriti nella organizzazione criminale e legati da vincoli di parentela con la cosca De Stefano, altra famiglia di Archi che, assieme ai Tegano e ai Condello, ha scritto i capitoli più bui della ‘ndrangheta reggina. Le tre famiglie mafiose, infatti, sono state protagoniste negli anni ’80 della seconda guerra di mafia che, in riva allo Stretto, ha portato a oltre 700 morti ammazzati.

Le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno illustrato agli inquirenti un quadro aggiornato sui reggenti della cosca guidata dai quattro generi del boss Giovanni Tegano dopo la cattura di quest’ultimo, nell’aprile 2010, e dopo la scomparsa per  “lupara bianca” del nipote Paolo Schimizzi nel settembre 2008.

I componenti della cosca comunicavano anche attraverso pizzini. L’indagine ha svelato, inoltre, la capacità dei Tegano di essere a conoscenza delle indagini che li riguardavano. Questo è il motivo per il quale la Procura ha emesso un provvedimento di fermo che dovrà adesso essere convalidato dal giudice per le indagini preliminari.

Non solo ‘ndrangheta ma anche politica. Tra gli arrestati, infatti, c’è Giovanni Pellicano, referente del boss e soggetto che, con l’aiuto del fratello Francesco (anche lui fermato) si è attivato, nel 2010, per raccogliere il consenso elettorale in favore dell’ex consigliere regionale del Pd Nino De Gaetano.

Non è un caso che, nel rifugio del latitante, la squadra Mobile ha ritrovato parecchia documentazione elettorale relativa alle regionali del 2010 quando De Gaetano si presentò on Rifondazione comunista. “Si registra – scrivono i pm nel provvedimento di fermo – l’avvio della campagna elettorale di Pellicano Giovanni in favore dell’on. Nino De Gaetano, con la raccolte delle promesse elettorali da parte dei ‘compari’ di San Luca”.

Nel corso della conferenza stampa il procuratore Federico Cafiero De Raho ha sottolineato come sul punto sono ancora in corso accertamenti. Intanto, sempre nel provvedimento di fermo, riferendosi all’appoggio elettorale della cosca Tegano ricevuto dall’ex consigliere regionale Nino De Gaetano,i magistrati la definiscono “una incresciosa vicenda, che squarcia in modo violento alcuni retroscena legati alle discutibili metodologie di appoggio e promozione politico-elettorale adottate in questo capoluogo da esponenti delle cosche mafiose in favore di alcuni candidati in occasione delle amministrative tenutesi nell’anno 2010”.

Genero di Giuseppe Suraci (medico dei Tegano), il politico “è stato, tra l’altro, presidente della Commissione contro il fenomeno della mafia in Calabria”. All’inchiesta “Il Padrino” hanno contribuito anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia come Consolato Villani, Roberto Moio, Giovanbattista Fracapane e Nino Fiume.

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