Babo , 23 anni, senegalese, ci ha messo dentro la rinascita personale che parte anche dalla musica. Edson, 29 anni, brasiliano adottato a cinque anni da una famiglia italiana, il trauma dell’abbandono da parte della madre naurale e della morte violenta del padre. Manolo, 21 anni peruviano, il ritrovato senso della famiglia. Henry, 23 anni, anche lui peruviano, il rimpianto per l’amico morto ammazzato in Perù. Tutti e quattro hanno attinto alle proprie giovani e difficili vite, ai loro errori e alle loro speranze, per rappare sotto la guida e l’incoraggiamento di Mirko Kiave, il rapper calabrese che ha coordinato nel carcere di Monza, dove sono rinchiusi, il progetto Potere alle parole lab.
Dall’esperimento è nato un album con lo stesso titolo scritto sui testi dei ragazzi e registrato in carcere. Lo hanno presentato i detenuti, in permesso speciale e sotto l’occhio compiaciuto e commosso di educatori, parenti e del direttore stesso della casa circondariale di Monza, Maria Pitaniello, alla libreria Feltrinelli di Milano. Un concerto live che è stato solo il felice epilogo del progetto Potere alle parole: un lungo cammino condotto con l’associazione Il razzismo è una brutta storia del gruppo Feltrinelli, che già lavora nel carcere di Monza organizzando gruppi di lettura e scrittura e incontri con autori e protagonisti del mondo della cultura nell’ambito del progetto La biblioteca è una bella storia promosso dal Comune di Monza per favorire la coesione sociale attraverso le biblioteche pubbliche.
Un concerto live che è stato solo il felice epilogo del progetto Potere alle parole: un lungo cammino condotto con l’associazione Il razzismo è una brutta storia del gruppo Feltrinelli
Il senso del lavoro svolto dal rapper Kiave con i suoi ragazzi sta forse nel verso di uno dei brani ascoltati al live, un tributo a Sergio Leone e a Clint Eastwood: “Se l’uomo con il ferro/incontra l’uomo con la biro/è un uomo finito”.
“Io gli ho dato giusto la biro, dei fogli di carta e due o tre dritte su come comporre le rime” dice Kiave. “Tutto il resto è roba loro. Bella roba”. Mettere i pensieri nero su bianco ha aiutato questi ragazzi a conoscersi meglio e a capire che cosa vogliono dalla vita. “Io ho capito che sono e sarò sempre una persona, non solo un ex detenuto” spiega ad esempio Babo (in arte Afrosen), appena uscito dal carcere, che così rappa: ”Je veux affirmer ma grandeur d’esprit/et montrer que je suis pas aussi maudit (Voglio affermare la mia grandezza di spirito e affermare che non sono poi così maledetto).
L’album, otto pezzi in tre lingue (italiano, spagnolo, francese) è disponibile in free download su soundcloud.com/razzismobruttastoria
Mentre Manolo sa di non voler tornare alle cattive abitudini ma “premere il tasto play per andare avanti” come dice nel suo rap. Anche Henry “El Cachiorro” vuole ricostruire la propria vita, ma senza dimenticare che per distruggerla bastano pochi istanti (“Nunca olvidarè que para destruir servì solo un par de instantes”). Quanto a Edson, aspetta solo il momento di uscire per tenere in braccio suo nipote, figlio dell’amatissima sorella. E nel suo rap dichiara che la sua guerra continua, ma la combatterà con armi non convenzioinali: ”Eddy dannato cammina sulla terra/con le parole combatte questa guerra”. L’album, otto pezzi in tre lingue (italiano, spagnolo, francese) è disponibile in free download su soundcloud.com/razzismobruttastoria. I testi dei brani, come tutte le informazioni sul progetto, che si estenderà ad altri carceri, si trova su www.razzismobruttastoria.net.
(Video di Mario Catania)